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 2004  ottobre 10 Domenica calendario

La fuga nello Yemen. Fu così che il Comandante Diavolo decise di scappare nello Yemen, dall’altra parte del Mar Rosso, misterioso paese della Arabia Felix che si era mantenuto neutrale e dove pochi occidentali avevano messo piede

La fuga nello Yemen. Fu così che il Comandante Diavolo decise di scappare nello Yemen, dall’altra parte del Mar Rosso, misterioso paese della Arabia Felix che si era mantenuto neutrale e dove pochi occidentali avevano messo piede. Per farlo dovette dire addio a Kadigia e dirigersi verso il porto di Massaua con un compagno. La scelta cadde sullo yemenita Daifallah, per via della nazionalità. Nel salutare Kadigia, Guillet non trattenne le lacrime. Ma anche muoversi in quella situazione era un rischio. Il Comandante Diavolo si incistò tra le baracche puzzolenti della periferia di Massaua dove non lo avrebbero cercato, dove nessun inglese avrebbe avuto il coraggio di mettere piede. Non aveva un soldo bucato in tasca perché quei pochi che aveva li aveva dati a Kadigia come buona uscita. Come avrebbe fatto a procurarsi il denaro per pagare un contrabbandiere che lo portasse nello Yemen? Cresciuto nella bambagia, ricco di famiglia, compagno di cavalcate della figlia di Vittorio Emanuele, il Comandante Diavolo era un tipo avventuroso e disposto al sacrificio. Del resto aveva rinunciato a fare parte della squadra olimpica di equitazione che gareggiò a Berlino nel 1936 per farsi mandare in Africa a costruire l’impero annunciato dal duce. E dire che in Italia, preso dagli allenamenti e dalla mondanità, tra gran premi ippici e serate con dive come Elsa Merlin, se la passava come meglio non poteva. Eppure aveva ceduto al richiamo dell’avventura esotica, del pionierismo fascista. Una fase già finita. Ora bisognava salvare la pellaccia, non l’impero. Per pagare un contrabbandiere che lo portasse in Yemen, Guillet lavorava come un mulo. Di giorno vendeva l’acqua al mercato. Di notte faceva la guardia a un magazzino. Qui ogni quindici minuti doveva fare un urlo convenzionale per dimostrare ai colleghi che era sveglio. Per fortuna trovò una donna che lo fece per lui. L’amico Daifallah provò invece a guadagnarsi qualcosa anche lui ma fallì miseramente tentando in vano di vendere delle disgustose torte di sua produzione. Alla fine la situazione precipitò. Perché uno scoppio pauroso sconvolse Massaua. Ci furono decine di morti. Probabilmente era saltato in aria, in modo accidentale, il deposito di munizioni degli italiani, abbandonato dall’inizio della guerra, esposto a piogge e sole. Ma gli inglesi credettero a un attentato del famigerato Comandante Diavolo. Le ricerche del terrorista, o presunto tale, si intensificarono. I soldati inglesi, che poi spesso erano di nazionalità sudanese o indiana, cominciarono a battere anche le baracche della periferia dove prima non avevano il coraggio di mettere piede. Daifallah trovò un losco figuro paragonabile a uno scafista albanese attuale, un uomo disposto a portarli clandestinamente in Yemen. Ma il tipo, che aveva unghie lunghissime per cacciarsele in ogni pertugio e una faccia da pendaglio da forca, dopo averli caricati a bordo della barca e avere intascato i soldi, li buttò a mare, tra gli squali e le murene. Guillet e Daifallah si trovarono contro la loro volontà nella terra più inospitale del pianeta, la Dancalia. Un postaccio da cui nessun esploratore era mai tornato tutto intero.