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 2004  ottobre 10 Domenica calendario

Alla macchia con l’amante kadigia. Ma, poiché non c’era possibilità di resistere, il Comandante Diavolo si era dato alla macchia con alcuni fedelissimi e la compagna di letto e di armi che portava il nome della prima moglie del Profeta, Kadigia

Alla macchia con l’amante kadigia. Ma, poiché non c’era possibilità di resistere, il Comandante Diavolo si era dato alla macchia con alcuni fedelissimi e la compagna di letto e di armi che portava il nome della prima moglie del Profeta, Kadigia. Era un’eritrea giovanissima, diversamente dalla prima moglie di Maometto, il collo lungo, sottile e decorato di henné, i lineamenti finissimi, le labbra molto carnose e lo sguardo orgoglioso. Il suo portamento era regale anche quando mungeva una vacca magra. Sognava fin da piccola di mettersi con un capo e Guillet faceva al caso suo. Ma il tenente, che aveva fatto una promessa di matrimonio a una cugina in Italia, all’inizio non ne aveva voluto sapere della bella indigena. Naturalmente Kadigia non ci aveva messo molto a fargli cambiare idea. Le notti in Africa sono lunghe e fredde e quando ti trovi una ragazza nel letto di paglia, non sempre puoi avere la forza di scacciarla, per restare solo in compagnia delle pulci. Tutte e due, dunque, si trovavano insieme nella resistenza eritrea, in una specie di luna di miele partigiana, tra cactus candelabro e boschi di ginepro o acacia. Vivevano nel Dorfù, in un tucul, la capanna di paglia che il Rizzi gli aveva messo a disposizione. Kadigia faceva essiccare la carne per metterla via per chissà quando. Guillet di giorno faceva il giardiniere potando i banani del connazionale e prendendosi cura di altre piante da frutta esotiche. Se qualcuno gli faceva delle domande, il Comandante Diavolo diceva di essere yemenita e di chiamarsi Ahmed Abdullah al Redai. Di sera cospirava. Cospirava contro gli inglesi che avevano distrutto l’impero italiano, appena formato, in Africa orientale. Ma nemmeno nella proprietà dell’amico, un tranquillo proprietario terriero di mezz’età, Guillet e Kadigia erano al sicuro. Una domenica, mentre pranzava con Rizzi, in preda a una tipica nostalgia culinaria italiana, Guillet si vide piombare in casa i soldati inglesi che gli davano la caccia, guidati da Reich, un agente ebreo di origine austriaca che aveva la fissa di catturarlo. Il Comandante Diavolo si alzò con uno scatto felino da tavola, fece in tempo a spacciarsi per cameriere e resse la parte con grande freddezza cucinando persino due uova a Reich. Gli abiti arabi da poveraccio con cui Guillet andava in giro erano del resto perfetti per la messa in scena. Così come la barba che, alla maniera islamica, aveva preso il posto dei baffi alla piemontese. Insomma proprio un’altra faccia rispetto alla foto segnaletica su cui stava scritto ”wanted”. Non fu quella l’unica volta in cui il Comandante Diavolo rischiò di essere catturato dagli inglesi e di finire davanti a un plotone di esecuzione come pericoloso terrorista qual era considerato. Ma fu almeno una delle ultime. Perché, alla fine, la situazione si rese insostenibile. Rizzi, che dava ospitalità al famigerato fuggiasco, era passibile di una condanna ai lavori forzati. Come minimo. Guillet, col suo eroismo, avrebbe potuto rovinargli la vita. E rimetterci la propria. Magari anche la piccola e innocente Kadigia ci sarebbe finita di mezzo. Ne valeva la pena? Dopo tutto, la resistenza eritrea non aveva grandi chance di sopraffare il nemico, e neanche di fargli male, almeno fin quando qualche potenza europea non entrava in gioco fornendo armi, mezzi e via dicendo.