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 2005  gennaio 17 Lunedì calendario

Pesic Svetislav

• Novi Sad (Serbia) 28 agosto 1949. Allenatore di basket. Con la Germania vinse gli Europei del 1993, con la Yugoslavia gli Europei del 2001 e i Mondiali del 2002. Guidò tra l’altro la Virtus Roma (2004-2006) • «Da giocatore, ha militato nel Partizan di Belgrado e vinto il campionato jugoslavo e la coppa dei Campioni 1979 contro Varese con il Bosna Sarajevo allenato da Boscia Tanievic. In panchina, ha vinto 4 scudetti tedeschi e la coppa Korac con l’Alba Berlino, due scudetti spagnoli e l’Eurolega col Barcellona. Come c. t. ha vinto due medaglie d’oro agli Europei con Germania e Serbia. [...] campione del mondo [...] con la Serbia [...] ha sempre prediletto squadre molto potenti fisicamente sia nelle guardie che sotto canestro. Questo perché la sua pallacanestro, nella pura scuola jugoslava degli anni Novanta, parte dalla difesa dura e pesante. In attacco, anche per le scelte difensive, è per i blocchi e il controllo del ritmo» (“La Gazzetta dello Sport” 18/1/2005). «[...] generalissimo col petto gonfio di medaglie[...] non è stato di quelli baciati dalla fortuna: ha sgomitato tanto, in carriera, prima di venir bene a galla. La prima panchina è a Sarajevo, col Bosna, ma per guadagnare i primi ingaggi veri [...] deve salire in Germania, terzo mondo cestistico. Ne guida per sei anni la nazionale e ci vince, nel ’93, un Europeo incredibile: in quell’estate, Nowitzki è ancora un bimbone e non c’è, nella squadra tedesca, neanche una controfigura. Altri sette anni Pesic li passa a guidare l’Alba Berlino, il principale club del paese, che però nelle coppe europee fa solo comparsate. In patria si ricordano di lui dopo il disastro di Sydney 2000: ha lavorato fuori mano, è un caratteraccio in pessimi rapporti con tanti, ma forse in nazionale serve proprio uno così, che raddrizzi qualche schiena. Lui litiga, sbraita e vince: Europei 2001 a Istanbul, Mondiale 2002 a Indianapolis. Nell’estate del 2002 lo chiama il Barcellona e poiché in Jugoslavia la federazione può ancora pagarsi un coach a tempo pieno, gli chiedono di decidere su quale panchina stare. Il Barca gli affida uno squadrone che però non può fallire: l’Eurolega assegna le finali al Palau Sant Jordi, tutta la Catalogna aspetta che, in casa, si vinca. E lui vince, in finale sulla Benetton. [...] è uno che, coi giocatori buoni, vince. Spesso non li ha fatti giocar bene [...] Duro, esigente, scostante, di poche ruvide parole, espresse nell’insalata di idiomi messi insieme battendo tanto marciapiede europeo, non è uno facile per lavorarci. [...]» (Walter Fuochi, “la Repubblica” 17/1/2005).