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 2005  gennaio 15 Sabato calendario

ONGARO BASAGLIA Franca Venezia 1928, Roma 14 gennaio 2005. Politico • «Una vita spesa nella battaglia per la ”liberazione dei matti”, per restituire loro quella dignità negata dall’ordinamento legislativo, costretta e umiliata entro le mura dei manicomi

ONGARO BASAGLIA Franca Venezia 1928, Roma 14 gennaio 2005. Politico • «Una vita spesa nella battaglia per la ”liberazione dei matti”, per restituire loro quella dignità negata dall’ordinamento legislativo, costretta e umiliata entro le mura dei manicomi. [...] si è impegnata in quella che tutti ormai riconoscono come un’azione di rinnovamento radicale e sicuramente per l’epoca rivoluzionaria, dei manicomi: l’abbattimento dei muri e la costruzione di luoghi aperti di prevenzione e di cura, dove dei malati fosse conservato, su tutto, lo statuto di persona. [...] Autrice di numerosi volumi insieme al marito (tra cui Morire di classe e Crimini di pace) e di interventi sulla questione femminile, raccolti nell’Enciclopedia Einaudi, ha anche curato, per conto del Cnr, una storia del manicomio e della sua evoluzione destinata alle scuole, Manicomio perché? [...] è stata senatrice per il gruppo della sinistra indipendente, tra l’83 e l’87. [...]» (C. El., ”Corriere della Sera” 15/1/2005). «[...] curatrice di una raccolta di scritti di Franco Basaglia - sui suoi più importanti interventi clinico-teorici e sulle principali linee di sperimentazione istituzionale e politica - che s’intitola La realtà dell’utopia [...] Di quei testi, di quelle esperienze, ha condiviso l’elaborazione. Insieme con il marito è stata autrice d’innumerevoli volumi di denuncia della realtà manicomiale e di difesa della legge 180, varata nel 1978, fin dall’inizio molto fraintesa e osteggiata. Sono di entrambi opere come La maggioranza deviante, Morire di classe, Conferenze brasiliane, Crimini di pace, che hanno avuto ampia eco negli anni 70, il tempo in cui si affermavano nuovi diritti dei cittadini e nascevano nuovi soggetti sociali, spesso in contrapposizione con la cultura egemone. Rimasta sola, ha continuato a scrivere. Di malattie mentali e prevenzioni (Manicomio perché? per le scuole medie superiori), di filosofia e sociologia, medicina moderna e bioetica, sulla condizione della donna, sulle pratiche di trasformazione delle istituzioni totali. E ha continuato a difendere le idee e le realizzazioni del marito. stata il punto di riferimento delle famiglie e delle associazioni che mai hanno smesso di pretendere la piena attuazione della norma, di denunciare ritardi, interessi clientelari, negligenze intollerabili a danno dei malati. Partecipava a convegni, entrava nelle università e nelle scuole, portava nel Parlamento - dove ha seduto per due legislature come senatrice della sinistra indipendente - le istanze di una cultura alternativa. Appassionata, colta, severa con chi fa ricadere sulla norma le conseguenze della mancata attuazione della norma, non incline all’autocompiacimento ma neppure al trionfalismo. [...] si era laureata in Lettere e nel ’53 si era sposata con Basaglia. Il mondo del marito era diventato il suo. Nel ’61, quando lui era stato nominato direttore dell’ospedale psichiatrico di Gorizia, si era trasferita in quella città. L’impatto con la realtà manicomiale li aveva sbigottiti. Non avrebbero mai dimenticato i cancelli e le inferriate, i lucchetti e le serrature che imprigionavano i pazienti, e le terapie in uso, i letti di contenzione, i bagni freddi, le camice di contenzione, gli elettroshok. ”Un malato di mente entra nel manicomio come una ’persona’ per diventare una ’cosa’. Il malato prima di tutto è una persona e come tale dev’essere considerata e curata” disse Basaglia. ”Il fondamento della 180 sta nello spostamento delle responsabilità professionali e istituzionali dalla tutela della società rispetto alla pericolosità della malattia alla tutela del malato nella società” disse lei, nel 2001. Erano state eliminate le misure di contenzione fisica dei pazienti, a Gorizia, si erano aperti i cancelli perché i malati potessero passeggiare nel parco, mangiare all’aperto. Erano venute le esperienze di Parma, di Trieste. Della ”rivoluzione Basaglia” non è mai stata semplice spettatrice. Il suo contributo lo diede anche all’evento spettacolare quanto ”scandaloso” che rivelò a tutta Trieste quello che l’Italia intera avrebbe conosciuto quando, un giorno, dal manicomio uscì un cavallo di legno e cartapesta che era stato costruito all’interno. Una grande macchina scenica. Che sfilò per le vie della città, seguita da medici, infermieri, malati, studenti e artisti» (Liliana Madeo, ”La Stampa” 15/1/2005).