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 2005  gennaio 14 Venerdì calendario

Safire William

• New York (Stati Uniti) 17 dicembre 1929, Rockwille (Stati Uniti) 27 settembre 2009. Giornalista • «[...] Abrasivo ”columnist” conservatore del giornale ”liberal” per eccellenza, il ”New York Times” [...] Implacabile negli attacchi alla presidenza di Bill Clinton (che gli promise un pugno sul naso per aver definito la moglie, Hillary, ”una mentitrice innata”) , repubblicano e grande supporter di Bush, al quale non ha però risparmiato accuse durissime come quella di aver violato i diritti civili dopo l’attacco terroristico dell’11 settembre, Safire è divenuto un’icona – la penna più influente della destra americana secondo Alex Jones, direttore dell’Harvard Center for the Press – non per la saggezza dei suoi giudizi, ma per la durezza delle sue staffilate e la sua imprevedibilità. I (molti) avversari lo accusano di aver formulato spesso accuse rivelatesi infondate e di aver riconosciuto molto di rado i suoi errori. Un suo pezzo può farti infuriare, mentre di un altro articolo puoi condividere ogni singola parola: una doccia scozzese di giudizi taglienti, spesso esagerati, ma nitidi, quasi mai banali, che ha legato per oltre trent’anni i lettori progressisti e aperti all’Europa del ”Times” a un giornalista che si è sempre definito un ”falco” in politica estera, un uomo di destra sulle questioni che riguardano l’America e Israele (per anni ha parlato quasi quotidianamente con Sharon, al quale è legato da un’amicizia profonda). Nel gioco di specchi coi lettori Safire ha definito le sue colonne bisettimanali nella pagina degli editoriali come il lavoro di un Mr Hyde, essendo Dr Jekyll l’estensore della rubrica sul linguaggio che compare ogni domenica sul magazine del quotidiano newyorkese, l’altro appuntamento settimanale del giornalista. [...] gladiatore assunto nel 1973 dall’editore, Arthur Sulzberger, contro la volontà della redazione per portare una autorevole voce conservatrice nella pagina degli ”op-ed ”. Safire, che allora scriveva i discorsi di Richard Nixon alla Casa Bianca, fu a lungo boicottato dai giornalisti del quotidiano che probabilmente non avevano digerito la definizione della categoria (’nababbi che amano crogiolarsi nel pessimismo e non riescono mai a stare zitti”) da lui inserita in un discorso scritto per il vice di Nixon, Spiro Agnew. Da allora molte cose sono cambiate: dopo un avvio stentato, Safire ha trovato la sua formula, un giornalismo di analisi ma partendo da una notizia, da un’indiscrezione, col telefono strumento di lavoro importante quasi quanto la penna. Ha vinto un premio Pulitzer, ha pubblicato un dizionario della politica, un romanzo su Lincoln, una spy story. Ha testimoniato per anni la sua fedeltà alla memoria di Nixon inventando una serie di interviste al fantasma del presidente scomparso. [...]» (Massimo Gaggi, ”Corriere della Sera” 14/1/2005).