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 2005  gennaio 12 Mercoledì calendario

HUSSEINI Feisal Bagdad (Iraq) 1940, Kuwait City (Kuwait) 31 maggio 2001. Politico. Dell’Anp. «’Il mio primo incontro con la Palestina fu accompagnato dalle vesciche ai piedi e dalla paura di morire di sete nel deserto”

HUSSEINI Feisal Bagdad (Iraq) 1940, Kuwait City (Kuwait) 31 maggio 2001. Politico. Dell’Anp. «’Il mio primo incontro con la Palestina fu accompagnato dalle vesciche ai piedi e dalla paura di morire di sete nel deserto”. Era così che a Feisal Husseini piaceva ricordare quella che chiamava ”la notte più lunga del ritorno a casa”. U na notte calda a metà del giugno 1967. I mezzi corazzati israeliani si erano attestati lungo il Giordano con le vittorie della Guerra dei Sei Giorni. ”Io avevo deciso di abbandonare le file dell’Olp a Beirut per vivere nella casa di famiglia a Gerusalemme. Così raggiunsi la riva del Giordano e nascosto in un canneto attesi il buio per non farmi vedere dalle pattuglie israeliane. Lasciai Gerico sotto il coprifuoco, camminando nel deserto sino al pomeriggio del giorno dopo”, raccontò al ”Corriere”. [...] Era un melanconico, Feisal Husseini. La sua gente lo chiamava ”il politico triste” per il suo fare riservato. [...] Gli Husseini sono tra i clan più noti a Gerusalemme. Le loro proprietà lambiscono le zone del Muro del Pianto, la moschea di Al-Aqsa e il Santo Sepolcro. Haji A min Husseini, prozio di Feisal, tra gli anni Venti e il dopoguerra condusse la battaglia contro la nascita di Israele. Il padre, Abdel Kader Husseini, cadde nell’aprile del 1948 combattendo le milizie ebraiche per il controllo di Gerusalemme. Feisal nacque nel 1940 a Bagdad. Venticinque anni dopo si trovava al Cairo tra i fondatori dell’Olp. Poi cominciò ad addestrarsi alla lotta armata in Libano. Ma i rapporti con Arafat non furono mai troppo facili. Perché Husseini fu un leader anomalo nei ranghi dell’Olp. Obbediva a Yasser, ma era l’unico che godesse di una legittimità politica autonoma. Gli israeliani lo arrestarono allo scoppio della ”prima Intifada”, alla fine del 1987. Restò in cella 9 mesi. Ne approfittò per imparare l’ebraico, e poter poi parlare sui media israeliani nella loro lingua, incontrare i leader politici di destra e sinistra. Così convinse Arafat, blindato a Tunisi, a creare una delegazione palestinese dei territori occupati che partecipasse alla conferenza di pace di Madrid nel ’91. Husseini ne restò poi fuori: furono gli israeliani a non volerlo perché abitava a Gerusalemme e loro chiedevano solo esponenti di Cisgiordania e Gaza. Il leader rispose fondando una commissione ”di tecnici” per coadiuvare la delegazione ufficiale. Nel 1994, alla nascita dell’Autonomia, Arafat cominciò a isolare il nuovo ”re palestinese di Gerusalemme”: gli tagliò i contributi, escludendolo dagli organismi centrali del suo governo. Husseini ottenne l’aiuto finanziario dell’Arabia Saudita. [...]» (Lorenzo Cremonesi, ”Corriere della Sera” 1/6/2001). «[...] ”Avevo 27 anni. Un pomeriggio afoso alla fine del giugno 1967. Erano trascorse un paio di settimane dalla guerra dei Sei Giorni. Israele aveva stravinto. Noi palestinesi eravamo in ginocchio, battuti, umiliati disorientati. Fu allora che con un mio cugino volli andare nei quartieri ebraici di Gerusalemme per guardare finalmente il nemico negli occhi. [...] Mi colpì una coppia d’anziani seduta su una panchina. Si davano la mano come due ragazzini innamorati. Poi incontrai un gruppo di bambine che andavano a scuola. Erano uguali a quelle che vedevo ogni mattina a casa mia. Scoprii che c’erano israeliani stupidi e intelligenti, forti e deboli, felici e e tristi, ricchi e poveri: nulla a che vedere con i soldati in grigioverde dei miei incubi peggiori. In poche ore avevo umanizzato il nemico. Compresi che il nostro slogan di ’ributtare gli ebrei in mare’ era irrealistico. Qui c’era gente come noi. Occorreva trovare una formula di coesistenza. Tornando verso i quartieri arabi fummo fermati da una pattuglia israeliana. I soliti ordini bruschi, la violenza, gli abusi, il tempo perso per i controlli. Mi dissi: ’ impossibile. Se vincessimo la prossima guerra, toccherebbe ai nostri soldati fare ciò che ora stanno facendo gli ebrei?’ [...] Passai tre anni dentro e fuori di prigione. Non venni torturato ma fui picchiato più volte e costretto a mettermi sulla testa un cappuccio di tela pesante, sporco di vomito di altri prigionieri, per diversi giorni [...] Nella nostra prigione c’era un poliziotto che noi chiamavamo Abu Zibab, ’padre del pene’, perché legava il pene dei prigionieri e lo tirava con violenza. L’unico fatto positivo di quella detenzione fu che ebbi tempo per imparare l’ebraico” [...] Figli di una famiglia di irriducibili combattenti contro ”l’invasione sionista”, ha trascorso la giovinezza tra i ”feddayin” nei campi di addestramento militare dell’Olp in Libano, Giordania, Iraq e Siria. Il padre era quel celebre Abdel Kader Husseini, le cui foto si vedono ancora appese nelle botteghe della Città Vecchia, capo delle milizie palestinesi a Gerusalemme che morì combattendo la guerra nel 1948. Feisal aveva solo 8 anni: il ragazzino orfano trascorse l’infanzia nella casa sul Monte degli ulivi del cugino, il muftì Ali-Hajj Amin Husseini, a sua volta leader spirituale dei musulmani in Palestina, nemico numero uno del movimento sionista e alleato di Hitler. Per la sua storia e il suo nome, Husseini è considerato una sorta di contro-Arafat, l’unico leader dell’Autonomia in grado di tenere testa per carisma e autorità al ”raìs” [...]» (Lorenzo Cremonesi, ”Sette” n. 37/1999).