Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  gennaio 10 Lunedì calendario

FRANZONI Giovanni

FRANZONI Giovanni Varna (Bulgaria) 8 novembre 1928. Biblista. Ex abate della basilica romana di San Paolo fuori le mura. Ex monaco benedettino poi ridotto allo stato laicale e sposato dal 1989 con una scrittrice giapponese. Ha partecipato al Concilio Vaticano II e poi dato voce al dissenso cattolico. Il 27 aprile del 1974 la Santa Sede gli tolse le facoltà sacerdotali perché si era schierato con i «Cattolici del No» nel referendum sul divorzio. Due anni dopo fu ridotto allo stato laicale per aver annunciato il suo voto al Pci. Secondo i suoi avversari, sconta l’errore di aver collegato in modo quasi meccanico il suo apostolato alle rivendicazioni della sinistra politica. Fautore del superamento del partito unico dei cattolici, fu rimosso dall’incarico a San Paolo dopo tre ispezioni all’abbazia sollecitate dal Vaticano e una convocazione in Segreteria di Stato per le omelie anti-Usa durante l’escalation della guerra nel Vietnam e le critiche al sistema concordatario. Fecero scalpore nel 1973 la dura lettera pastorale La terra è di Dio contro gli interessi immobiliari della Santa Sede e, più recentemente, la battaglia per l’eutanasia omissiva, ossia la disposizione di una persona a non essere più nutrita se un giorno perderà totalmente la conoscenza e si ridurrà ad uno stato vegetale (“La Stampa” 9/1/2005). «Uno spirito libero [...] dopo aver osato dire che al referendum sul divorzio i cattolici avrebbero dovuto votare secondo coscienza [...] è ancora un monaco benedettino [...] “Il grosso problema [...] è quello della cultura diffusa. Lo Stato e la Chiesa dovrebbero responsabilizzare i cittadini e i fedeli, non fare su di loro pressioni di carattere utilitaristico. Far crescere le coscienze e la responsabilità nella libertà: questa dovrebbe essere la battaglia, soprattutto della religione. Su un tessuto sano poi si può lasciare libero spazio alla ricerca scientifica, confidando che non ci sia l’abuso. E invece [...] Stato e Chiesa reprimono. Non si fidano né dei cittadini, né dei fedeli. [...] quando mi arrivò l’ingiunzione a non partecipare a manifestazioni divorziste, io stavo predicando a dei missionari. Voglio dire: non solo io obbedii a quell’ingiunzione, ma quel che avevo fatto era solo partecipare a dei dibattiti. In cui mi ero limitato a rispondere a delle domande. Dicendo una cosa semplicissima: che i cattolici erano chiamati a decidere di una legge che non riguardava solo loro, ma anche tutti gli altri. Di una legge che riguardava la libertà degli altri, capisce? Che loro avrebbero dovuto valutare se era opportuna o meno, ma che essa non avrebbe intaccato l’istituto del matrimonio, il che sarebbe stata evidentemente cosa ben diversa. Credo che occorresse un capro espiatorio, si dice così? Fu il cardinal vicario Poletti poi a dirmi che la decisione di punirmi secondo lui era illegittima, nel diritto canonico si dice ‘latae sententiae’, cioè senza giudice. E per giunta senza crimine, perché io avevo obbedito. Quando glielo feci notare, mi disse va bene, trovati un vescovo benevolo. Io lo trovai nella persona del vescovo di Frascati. Ma allora mi dissero che era troppo vicino a Roma, avrei dato fastidio. E così io a un certo punto lasciai perdere. Avevo la mia comunità di base, la San Paolo a Roma. E sa una cosa, ho lavorato benissimo, con molta libertà, affetto e stima, anche in tutto il mondo [...]”» (“La Stampa” 9/1/2005).