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 2005  gennaio 05 Mercoledì calendario

[Storia dei calendari] La consuetudine di iniziare l’anno il primo di gennaio risale a Giulio Cesare ed è legata alla data in cui entravano in carica i consoli romani

[Storia dei calendari] La consuetudine di iniziare l’anno il primo di gennaio risale a Giulio Cesare ed è legata alla data in cui entravano in carica i consoli romani. Ma fu una scelta in netto contrasto con tutte le usanze dei popoli precedenti. D’altra parte, i popoli antichi non si sono mai messi d’accordo nemmeno sul momento in cui far iniziare il giorno, figuriamoci l’anno. Nell’antichità i calendari erano essenzialmente di due tipi: quelli solari e quelli lunisolari. La scelta tra l’uno e l’altro era dettata da fattori di carattere religioso e, in particolare, dall’importanza che veniva attribuita alla Luna. Per gli Egiziani, ad esempio, la Luna era poco importante e quindi il loro calendario era esclusivamente solare. All’origine, era basato sulla levata eliaca di 36 stelle particolarmente luminose. Si dice che una stella è in levata eliaca se il suo sorgere precede di pochissimo quello del sole: in questo modo si vede levare la stella, la si riconosce, ma subito dopo essa sparisce dal cielo, inghiottita dalla luce del disco solare. Gli egiziani avevano scelto 36 stelle che si trovavano in levata eliaca a distanza di circa dieci giorni l’una dall’altra. Così l’anno rimaneva diviso in trentasei decadi, che venivano raccolte in dodici mesi di trenta giorni, a loro volta raggruppati in tre stagioni: in tutto 360 giorni, ai quali facevano seguire 5 giorni, chiamati epagomeni, posti al di fuori del calendario. In questi giorni fuori dal tempo poteva avvenire di tutto, l’ordine del cielo e della terra poteva essere sovvertito e il faraone doveva scongiurare la fine del mondo e confermare i suoi poteri. A Eliopoli un lunghissimo rituale di inizio anno veniva svolto completamente al chiuso: il sacerdote celebrava una serie di riti sul corpo del faraone, che veniva poi trasportato, sulla sua portantina, alla Casa della Vita. Qui il faraone riceveva unguenti e amuleti, poi venivano sacrificati animali, ma nel momento culminante il sovrano veniva lasciato solo perché doveva riprodurre la creazione. Invece a Edfu la cerimonia veniva celebrata nel tempio di Horus. Il rito incominciava con l’ultimo giorno dell’anno e proseguiva nei dieci giorni successivi, cinque dei quali erano epagomeni e cinque appartenevano al nuovo anno. Anche qui il sovrano compiva una serie di gesti rituali, anche qui venivano sacrificati animali, ma la parte culminante del rito si svolgeva all’aperto, quando veniva scoperta la statua di Horus, in modo che il suo volto venisse colpito dai raggi del Sole: in quel momento la divinità veniva rigenerata da Ra. Per i popoli della Mesopotamia, che invece avevano tutti calendari lunisolari, l’anno iniziava a primavera, perché secondo il loro pensiero l’anno rinasceva con la natura. Così nel loro calendario lunare, la prima falce della lunazione di primavera segnava l’inizio dell’anno nuovo. Caratteristico era il rito praticato dai Sumeri ad Uruk, inizialmente, e poi esteso su tutta la terra di Sumer. Poiché i sumeri erano convinti che la natura rinascesse fisicamente a capodanno e che rinascesse grazie all’unione di Dumuzi, dio della vegetazione, con Inanna, dea dell’amore, avevano introdotto il rito del Matrimonio Sacro. Durante il rito, l’unione sacra veniva consumata nel palazzo reale tra il sovrano, che incarnava Dumuzi, e una delle sacerdotesse di Inanna, che impersonificava la dea. Il tutto si svolgeva secondo un complicato rituale che definiva le mosse di lei, che purificava la stanza aspergendola con olio di cedro, le parole che dovevano pronunciare entrambi e la parte che dovevano sostenere i sacerdoti. Grazie ad alcune tavolette di argilla conosciamo anche le eleganti poesie che facevano parte del rito. Anche i babilonesi celebravano il capodanno in occasione della falce di Luna della lunazione di primavera. Il rituale di capodanno era vissuto più spiritualmente e la relativa festa durava quattordici giorni. Numerose tavolette ci descrivono la celebrazione e quindi conosciamo quasi tutto il rito. Alcuni momenti sono da sottolineare. Alla sera del quarto giorno il Gran sacerdote recitava l’«enuma elish», il Poema della Creazione, che era, in fondo, un trattato di astronomia; in particolare veniva sottolineata la funzione della Luna come strumento di misura del tempo. Il nono giorno le statue di tutte le divinità venivano portate in processione attraverso la via principale di Babilonia, passavano sotto la porta di Isthar, la porta dalle mattonelle azzurre, e giungevano all’Eufrate. Qui le statue delle divinità venivano trasferite su delle barche, condotte su un isolotto e lasciate sole, in modo che procedessero ad una nuova creazione. Il calendario più curioso era sicuramente quello dei Celti, che dividevano l’anno nella parte chiara e nella parte scura. L’inizio avveniva con la parte scura, quando i Celti davano il via alla festa del Samain. Approssimativamente l’inizio dell’anno celtico coincide con il quarto di luna della lunazione che comprende il nostro primo novembre. E, poiché nelle tradizioni celtiche irlandesi si credeva che in occasione del Samain cadessero le barriere tra il mondo terreno e quello ultraterreno, e che gli uomini potessero visitare l’aldilà, e viceversa, dal capodanno celtico sono derivate le nostre feste dei Santi e dei Morti e, oltreoceano, la festa di Halloween. Ma, dopo aver detto di altri popoli, dobbiamo ricordare che anche nella nostra penisola, prima della riforma giuliana, il capodanno veniva celebrato a primavera e il primo mese, quello di marzo, era dedicato a Mars. Esiste un Mars più antico, una divinità italica precedente a Marte. Comunque non bisogna trascurare che Marte era il dio della guerra ma era anche nel contempo il protettore delle attività agricole e pastorali. Che il primo mese fosse marzo lo testimoniano i nomi di settembre, ottobre, novembre e dicembre, che oggi non sono rispettivamente il settimo, l’ottavo, il nono e il decimo mese, ma allora sì. I riti del capodanno romano più antico prevedevano che in questo giorno si sostituissero i vecchi rami di alloro che adornavano l’ingresso dei principali templi, prima di tutti quello di Vesta. Tali rametti, che venivano anche scambiati come gesto augurale, prendevano il nome di strenae perché venivano rigorosamente raccolti nel bosco sacro alla dea sabina Strena. Successivamente si prese l’abitudine di scambiarsi doni che però mantennero il nome di «strenae», dal quale deriva l’attuale termine strenna. Bisogna anche dire che non sempre l’abitudine di iniziare l’anno a gennaio fu rispettata, anzi per molto tempo si mantennero usanze locali molto radicate. Queste varie usanze erano chiamate «stili». Ci vollero numerosi decreti, in diversi paesi d’Europa, per sancire un’usanza che oggi ci sembra scontata ma che in realtà è solo una nostra convenzione, neppure troppo datata.