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 2005  gennaio 06 Giovedì calendario

Medail Cesare

• Nato Dolo (Venezia) il 21 dicembre 1943, morto a Milano il 5 gennaio 2005. Giornalista. Scrittore. «Chi ha letto Le Piccole porte [...] deve essere rimasto colpito dal lucido, rigoroso e insieme appassionato cammino spirituale che ne è la trama. Vi si ritrova intatto l’amore di Medail per la parola, sia scritta che parlata, il piacere nel riferirci, appena tornato in redazione dopo aver fatto una delle sue mirabili interviste a tutto tondo (lo avevamo ribattezzato Medaglione), ogni particolare del personaggio che aveva incontrato, dell’ambiente in cui viveva, perfino di che cosa avevano mangiato a pranzo insieme... Il parlare era per lui una specie di prova di quello che subito avrebbe scritto, sulla sua scrivania tutta piena di libri, di notes e foglietti con numeri di telefono, con la sua rara capacità di comunicare, di rendere comprensibile, ”giornalistico” nel senso migliore, anche il pensiero meno semplice di quei rappresentanti di ogni religione del mondo quasi sempre perseguitati dall’istituzione o relegati ai margini, che solo lui andava a scovare in qualche posto segreto. [...] un intellettuale laico, curioso e aperto ai contenuti del libero pensiero spirituale. [...] era approdato al ”Corriere della Sera” molto giovane (era nato nel 1943 vicino a Venezia dove la famiglia si era rifugiata durante la guerra in una grande villa settecentesca) nei primi anni Settanta, al settore culturale. In breve era diventato un bravissimo artigiano del giornale: la scelta degli argomenti da trattare, l’organizzazione del lavoro dei collaboratori, la titolazione - arte difficile in cui era ineguagliabile - , la ricerca delle immagini, tutto gli piaceva. Il giornale era una parte importante della sua vita, come lo erano le cene con gli amici, i lunghi viaggi con la moglie Claudia, sempre fuori dalle rotte del turismo di massa, il riposo nella casetta sopra il lago Maggiore tra i boschi dove si divertiva a fare lunghe camminate in cerca di funghi, le visite a Verona, la città in cui era cresciuto dall’adolescenza fino a quando era venuto a Milano a fare il giornalista (apprendistato ad ”Amica”), per andare a trovare la madre. Fin da ragazzo aveva scelto l’impegno civile, dapprima nei partiti borghesi come i liberali e i repubblicani dove ”mi ritrovai sempre all’opposizione di sinistra, prima di andarmene in silenzio e senza mai sbattere la porta”, poi nei movimenti non violenti dei radicali. Aveva scritto anche un’inchiesta- saggio sui diritti civili nelle forze armate, di ispirazione pacifista, Sotto le stellette, pubblicato da Einaudi nel 1977, e aveva fondato un periodico mensile, Arcana, dedicato al mistero e ai filoni spirituali emergenti in quegli anni. Tra i suoi primi interessi di giornalista, mai abbandonati, ci sono senz’altro i fumetti: da Topolino ad Andrea Pazienza, da Tex Willer a Charlie Brown, era un mondo che conosceva in ogni aspetto, anche, se così si può dire, in profondità. Del resto tutto ciò che era fantastico, strano, fuori dalle esperienze quotidiane lo affascinava: le Guerre stellari di Lucas come E. T. e gli Incontri ravvicinati del terzo tipo di Spielberg. E proprio la lunga carriera di giornalista gli aveva permesso incontri ravvicinati con i più grandi studiosi del significato della vita umana. Tra questi lo storico delle religioni Mircea Eliade, colui che per primo lo aveva spinto a prendere in mano le sacre scritture; Elémire Zolla, l’esploratore delle tradizioni religiose ed esperienze mistiche, di cui divenne amico e un po’ anche discepolo; il filosofo Roger Garaudy, già comunista poi marxista eretico, quindi cristiano e infine convertito all’Islam incontrato a Cordova insieme al grande teologo tedesco Hans Küng che la Chiesa aveva sospeso dall’insegnamento; il biblista autodidatta Sergio Quinzio, tanto radicato nella fede cristiana quanto radicale nella critica delle sue espressioni istituzionali; il misterioso scrittore Carlos Castaneda, famoso per aver raccontato al mondo ”civile” la sua iniziazione alla stregoneria dell’antico Messico, che viveva nascosto da qualche parte a Los Angeles e si negava qualsiasi contatto con i mass media; il priore della comunità di Bose, padre Enzo Bianchi, profeta di un rinato bisogno del sacro, di esperienza del divino, che presto divenne anche lui suo amico; e infine il vecchio monaco buddista Thich Nhat Hanh, capo spirituale della chiesa vietnamita, in esilio a Bordeaux, che nel 1966 era andato fino alla Casa Bianca per chiedere di aprire una conferenza di pace e di smettere i bombardamenti: non fu ascoltato, ma molti veterani sarebbero diventati suoi discepoli. [...]» (Giulia Borgese, ”Corriere della Sera” 6/1/2005).