Varie, 5 gennaio 2005
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Music Edo
• Velika Pisanica (Croazia) 4 maggio 1921, Zagabria (Croazia) 2 gennaio 2005. Pittore. «Giovane comunista clandestino nel 1935, comandante partigiano nel 1944, illustratore litografico stampato su seta di paracadute di un poeta Kovacic, trucidato dai cetnici, contestatore formale e tematico del realismo socialista dei primi anni ’50 con i cicli ”Impressioni d’America” e ”L’Orecchio del mare”, diviene l’icona nazionale dell’arte scenica e gestuale fra Europa e Usa senza rinunciare per nulla alla propria ideologia; usando anzi la propria ortodossia politica per promuovere e sostenere l’apertura della contemporaneità jugoslava al panorama internazionale. Il che lo autorizzò nella Croazia degli anni ’90 a sfidare a viso aperto Tudjman accusandolo di cattofascismo. In una intervista del 1995 egli tracciava questa immagine dei croati nella sua vita: inginocchiati, con le suole piangenti, al passaggio del treno che portava la bara di Alessandro I, un re serbo assassinato dai fascisti croati; accoglienti i tedeschi a Zagabria con i fiori, poi ai piedi dei partigiani di Tito, poi urlanti di dolore alla morte di Tito. ” questo il quadro di noi croati”. Dai suoi disegni di vita partigiana e dai suoi quadri urbani dell’immediato dopoguerra emerge lo stesso spirito espressionista di ”Corrente” e della sua eredità romana nel gruppo di Portonaccio, ma rapidamente emerge fino ai primi anni ’50 la grande forza cromatica, di memoria ”fauve” delle sue vedute di marine dalmate e istriane, preludio alle strutture a tasselli cromatici delle vedute americane di New York e di Pittsburgh, grande scandalo a Belgrado e Zagabria nel 1953. Uno scandalo rinnovato nel 1956 con il ciclo marino di ”Abbazia” del tutto consonante ad armi pari con i ”jeunes peintres” francesi ma già anche l’action painting e, in Italia, soprattutto con Afro, come venne riconosciuto dalla critica italiana alla Biennale del 1957. Da allora Murtic fu di casa in Italia, dalla galleria Medusa di Roma alla Bergamini di Milano, fino alla Torbandena di Trieste, tornando alla Biennale nel 1964. Il grande livello scenico e gestuale informale internazionale trionfa negli anni ’60, con un discorso che lo apparenta soprattutto a Kline, a Mathieu, a Moreni, poi anche a Tapies, ma sempre e soltanto con la diretta e piena stesura dell’olio, poi anche delle lacche. Giunge al massimo grado della violenza e anche della grande drammaticità nelle sarabande cromatiche degli anni ’70. Marchiori, presentandolo alla Bergamini di Milano nel 1974, scriveva: ”Il pittore che non si tradisce con il passar degli anni, e si scatena sempre più in una sarabanda colorata, in cui le sigle, i grovigli neri si disegnano con una prepotenza assoluta sulle fasce diagonali dei rossi, dei gialli, degli azzurri... una visione intensamente emotiva, determinata dall’incontro di civiltà diverse in una Europa artistica che andava liberandosi di molti caratteri tradizionali, per assumere nuovi valori formali e nuovi messaggi spirituali dalle proposte spregiudicate di una civiltà innovatrice come l’americana”» (Marco Rosci, ”La Stampa” 5/1/2005).