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 2005  gennaio 05 Mercoledì calendario

Carpi Pinin

• Milano 11 luglio 1920, Milano 1 gennaio 2005. Scrittore. Illustratore. «Aveva un cuore e l’immaginazione da bambino, o almeno per l’intera avventura della sua esistenza ha saputo conservare sensibilità, sapienza, acume nel saper parlare ai bimbi, farsi ascoltare, mai imponendo dogmi o precetti, solo narrando fiabe, racconti, canzoni, romanzi, poesie o fin agendo da regista dello spettacolo Frullallero o illustrando le favole con quei segni sintetici, vivissimi, dai colori vitali, ad acquarello, china, tempera, che fecero parlare il grande e compianto Federico Zeri di ”influenza della cultura cinese”. Non a caso il romanzo che lo aveva reso celebre nel ’68 era stato Cion Cion Blu, romanzo sul contadino cinese arancione e blu, cioè dai pantaloni blu e calzettoni arancioni e così via, per la verità lo aveva scritto nel ’64, ma lo pubblicarono 4 anni dopo, fu un successo clamoroso. Del resto aveva sempre viaggiato nell’universo della fantasia e dei colori, cresciuto com’era fra cavalletti, pennelli, tele, sculture, matite: il padre era il famoso pittore Aldo Carpi, figura di rilievo nel Novecento milanese, che diresse l’Accademia di Brera, e lui Giuseppe, denominato Pinin, era nato nel 1920 a Milano in quell’ambiente imbevuto d’arte e cultura, con inoltre la presenza del fratello Fiorenzo, il musicista che lavorò per il teatro per Strehler. Dopo il liceo classico, si era iscritto ad architettura, attratto dall’idea di creare edifici così come dalla scultura. Con la guerra fu costretto ad abbandonare le passioni, divenne partigiano, imprigionato nel carcere di San Vittore, il padre fu internato a Mathausen e a Gusen, un fratello ammazzato a Gossrosen. Un dopoguerra arduo, Pinin si trovò ostretto a fare di tutto un po’: come giornalista, scriveva volumetti per il Touring Club, e lavorò all’ufficio stampa dell’Aci: ”io che non ho neppure l’auto e non so guidare” scherzava con il consueto spirito. Poi eccolo pittore, musicista, commedigrafo, critico di jazz, e autore d’un’enciclopedia per l’infanzia. Spirito libero, ha sempre dichiarato di voler scrivere per i bambini perché li amava e gli piaceva raccontare storie che li divertivano e spaventavano. ”Non per far paura, spiegava, perché le paure le hanno dentro e hanno bisogno di esorcizzarle, smaltirle”. Spiegava inoltre la necessità del lieto fine, ”non perché tutto vada bene, bensì al contrario, perché comunque la vita vale la pena di viverla”. Tenero con i figli, provava su di essi le proprie storie, se li annoiavano, bisognava eliminarle. Inoltre con loro aveva intuito che doveva raccontare con la lingua di tutti i giorni, con le parole che usava di norma, un linguaggio piano e comprensibile, non per gli schiocchi, ma per coloro che parlano e ascoltano, con giochi linguistici, contenuti suggestivi, sonorità musicali e seguendo il ritmo del linguaggio quotidiano, comprese le inflessioni dialettali e l’articolo ”il” o ”la” davanti al nome proprio, come usa nella sua Milano. Non imponeva mai una morale o valori precostituiti, il bimbo doveva saper scegliere nell’infinita apertura di fantasia che Pinin Carpi sapeva offrire a un essere che è ”senza potere, affermava, per il quale la città era la sua casa, il senso del tempo e dello spazio erano e sono diversi dai nostri”. Le sue favole sono sovente popolate di folletti, gnomi, fate, elfi, figure fantastiche, perché le prediligeva e le situava in Irlanda. La prima opera pubblicata fu nel 1941 Saranga il cacciatore il libro di Gatti, illustrato da lui. Negli anni si alternarono Lupo Uragano, Mauro e il leone del grande mare, Nel bosco del mistero, Fantasma che aveva paura dei fantasmi e appunto Le lanterne degli gnomi, dati alle stampe da Vallardi o Einaudi. Ammise che gia’ a noe anni aveva scritto un romanzo del titolo: Caprotti e Cigolini, che a 21 anni trovò un appunto dove rammentava di aver stilato 18 romanzi: inoltre appassionato di Tofano e del Signor Bonavventura, aveva scritto a 14 anni un racconto per bambini per il Corrierino dei Piccoli che non venne accettato. In William Blake, il sublime scrittore-disegnatore inglese dei Canti del’’innocenza riconosceva il più acuto scrittore per l’infanzia, ammirando ancheAndersen, pur dai numerosi difetti, e fra gli illustratori, Dorè e gli inglesi. [...]» (Fiorella Minervino, ”La Stampa” 3/1/2005). «’Una volta c’era in Cina un cinese vestito di blu e d’arancione che si chiamava Cion Cion Blu. Aveva i pantaloni blu e le calze arancione; e in tasca aveva un fazzoletto arancione e una pipa blu”. Quanti bambini ed ex bambini ricordano un libro che comincia così? Sicuramente moltissimi, perché la storia del contadino cinese che veste solo di blu e di arancione, coltiva arance, ha un gatto blu che si chiama A Ran Cion e un cane arancione di nome Blu [...] ha accompagnato la crescita di innumerevoli lettori. Cion Cion Blu parla di un uomo gentile e pronto all’avventura, che, in una Cina immaginaria quanto quella della Turandot e della brechtiana Anima Buona di Sezuan, compie un lungo viaggio in compagnia di un imperatore triste, incontrando via via briganti, streghe, fanciulle imbruttite per magia e generali guerrafondai: una fiaba, ma anche un’utopia (quasi) realizzata, in cui non ci si ferma all’apparenza e le ragazze brutte si sposano con uomini innamorati, gli imperatori imparano dai contadini, i contadini considerano gli imperatori uomini come tutti gli altri, i generali vengono licenziati e la guerra non si fa più. E non è certo un caso che la storia di Cion Cion Blu sia stata pubblicata per la prima volta nel 1968 (l’editore era Garzanti, l’illustratrice la brava Iris de Paoli), quasi a sottolineare la necessità di un nuovo modo di entrare in relazione con l’infanzia, secondo modalità di ascolto, rispetto e attenzione per un’età tradizionalmente subordinata e ”senza potere”. Autore di un libro tanto gioioso e antipedagogico era un architetto mancato-giornalista-illustratore che fino ad allora non aveva mai scritto per i bambini: Pinin Carpi [...] il cui nome, nel labile panorama della letteratura infantile italiana, è tra i pochi destinati a non passare di moda, come dimostra il grande successo dalla recente riproposta di Cion Cion Blu, ma anche di Le avventure di Lupo Uragano, Susanna e il soldato, Il papà mangione, Il Paese de Maghi, da parte delle edizioni Piemme. Pieno di fascino, gentile come Cion Cion Blu e all’occorrenza affettuosamente brusco e senza peli sulla lingua, Pinin è stato, prima che un grande scrittore, un personaggio straordinario che per tutta la vita ha inseguito cose nuove, sperimentato tanti mestieri, attraversato tempeste di ogni genere (il padre Aldo, pittore antifascista e autore del Diario di Gusen - edito da Einaudi e curato dallo stesso Pinin - fu deportato a Mauthausen, e il fratello Paolo venne ucciso dai tedeschi a 17 anni), restando sempre un anticonformista incapace di compromessi e rigorosamente coerente con le proprie idee. ”Io il soldato non l’ho fatto, ho fatto il partigiano”, rispondeva ai bambini che, dopo aver letto i suoi libri, gli chiedevano se fosse mai stato in guerra. Per la sua partecipazione alla Resistenza nel `45 era stato rinchiuso a San Vittore, e un’altra avventura quasi guerresca l’aveva vissuta nel 1970, quando, durante la manifestazione milanese del 12 dicembre in cui la polizia uccise lo studente Saverio Saltarelli, si era preso un proiettile nella gamba. Eppure niente gli piaceva meno della guerra, come sanno tutti i bambini che hanno letto Susanna e il soldato (uscito per la prima volta perVallardi nel ’77), storia di una orfana che incontra un soldato disertore, in fuga da battaglie che non vuol più combattere. Allo stesso tempo, però, per Carpi la pace non era soltanto ”assenza di guerra” perché, come sottolineò in un’intervista: ”Pace significa anche la fine di tutte le ingiustizie, gli sfruttamenti, le povertà e le malattie”. A scrivere per l’infanzia ci era arrivato un po’ per caso e per un’ottima ragione: i bambini gli piacevano, gli piaceva il loro appartenere al mondo del desiderio e delle infinite possibilità, il loro modo di essere intrepidi e curiosi nonostante l’oggettiva subalternità e il controllo esercitato dagli adulti. Li aveva scelti come interlocutori quando aveva cominciato a inventare storie per i suoi figli, e si era reso conto di quanto si divertiva a raccontare fiabe sorprendenti, simili a un fuoco artificiale che non smette mai di esplodere in nuove girandole colorate. Le sue erano storie sensatamente assurde, piene di esagerazioni e meraviglie, di tesori ed enormi mangiate, di avventure per mare e per terra, di spaventi e risate pronte a dissolverli, il tutto legato da un linguaggio immaginoso, privo di enfasi e di birignao, capace di esprimere in modo semplice concetti difficili e di riprodurre il ritmo di una voce che racconta. appunto questo intenzionale rifarsi all’oralità che dà vita a una scrittura inconfondibile e a testi che si prestano in modo speciale alla lettura ad alta voce, cuciti come sono su misura per i più piccoli da un fabulatore che si affida all’umorismo, ma non è consolatorio né conciliante. Le fiabe, diceva del resto Pinin, ”nascono sempre da una tragedia e si raccontano per alleviare la sofferenza che essa provoca. Ecco perché è giusto e necessario che abbiano il lieto fine. Lieto fine non significa che tutto va a finire bene, anzi, spesso è più vero il contrario; significa invece che la vita vale la pena di essere vissuta.”. A questa felicità del raccontare Carpi aveva aggiunto il suo particolare tocco di grande illustratore, che costruiva tavole acquerellate fitte di personaggi e di dettagli. Nato in una famiglia di artisti (pittori il padre e il fratello Cioni, musicista il fratello Fiorenzo) e appassionato di pittura, aveva fatto molto per avvicinare l’infanzia al mondo dell’arte. Da una sua idea, infatti, era nata una collana che resta unica nel panorama editoriale italiano e che purtroppo è ormai scomparsa dalle librerie, ossia ”L’arte per i bambini”, edita da Vallardi e composta da incantevoli fiabe moderne ispirate a quadri famosi: un viaggio per nulla didattico all’interno di un dipinto, e un’efficace educazione alla necessità della bellezza. A questi libri preziosi e ai molti romanzi e racconti che Pinin Carpi ci ha lasciato, si aggiunge poi una singolare enciclopedia, Il mondo dei bambini, realizzata dalla Emme Edizioni per la Utet nel 1973. Un’impresa impegnativa cui Carpi si dedicò con grande entusiasmo, producendo un’opera del tutto anti-enciclopedica che, invece di fornire nozioni, cercava di organizzare e proporre una visione del mondo. Ed è proprio un brano dell’introduzione scritta da Pinin per i bambini a ricordarci, oggi, uno scrittore molto amato e soprattutto un uomo libero e un compagno di strada: ”... vorremmo fare un patto con voi: come tutti, grandi e piccoli, avete il diritto di giudicare ogni cosa, di dire se la trovate giusta o sbagliata. Quindi considerate sempre che quello che vi diciamo è ciò che pensiamo noi, ma che voi potete pensarla in un modo completamente diverso”» (Francesca Lazzarato. ”il manifesto” 5/1/2005).