Giovenale, Contro le donne, TEN, Roma 1993 a cura di C. Vivaldi, 29 dicembre 2004
Governano come un tiranno siciliano. Val la pena sapere di che cosa s’impicci in tutto il giorno. Se la notte il marito ha dormito e le ha voltato la schiena, son dolori per le addette al guardaroba e per la governante, e lo schiavo liburno sente dirsi d’essere giunto in ritardo e gli tocca pagare lui perché l’altro dormiva
Governano come un tiranno siciliano. Val la pena sapere di che cosa s’impicci in tutto il giorno. Se la notte il marito ha dormito e le ha voltato la schiena, son dolori per le addette al guardaroba e per la governante, e lo schiavo liburno sente dirsi d’essere giunto in ritardo e gli tocca pagare lui perché l’altro dormiva. Uno rompe i bastoni con la groppa, uno si arrossa per le scudisciate, l’altro sotto il flagello. Certe donne hanno un carnefice a stipendio. Frustano e lei si trucca, riceve le amiche o ammira il bordo d’oro d’una veste ricamata e di là frustano, guarda le lunghe somme dei conti del giorno e di là frustano; finché non grida agli aguzzini ormai sfiniti: «Fuori!» con voce orribile; giustizia è fatta. Il modo in cui governa la sua casa è quello di un tiranno siciliano. Quando ha un appuntamento, e si vuol fare bella più del consueto, e ha fretta, e già l’aspettano ai giardini - o meglio al tempio d’Iside, dea ruffiana - l’infelice Pseca deve acconciarla. Coi capelli arruffati, le spalle e il petto nudi, la pettina. «Non vedi? Questo ricciolo è troppo in alto!» Una nerbata subito scende a punire il crimine, il misfatto d’un capello mal messo. Cosa ha fatto di tanto grave Pseca? colpa sua se a te non va il tuo naso? [...] intanto se ne frega del marito e delle spese che gli accolla. Vive nella sua casa come un’inquilina e ti accorgi che c’è solo per l’odio che nutre per gli amici e per gli schiavi di lui, per il passivo del bilancio.