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 2004  dicembre 29 Mercoledì calendario

Truitt Anne

• Baltimora (Stati Uniti) 16 marzo 1921, Washington (Stati Uniti) 23 dicembre 2004. Scultore • «scultrice la cui originalità comporta ancora notevoli difficoltà di studio e interpretazione. Nata a Baltimora nel 1921, dopo una breve esperienza come terapista in un ospedale psichiatrico con i reduci della II guerra mondiale, Anne Truitt scelse di allontanarsi dal contatto stretto e continuo con il dolore, per intraprendere invece un percorso artistico. Scoperta all’inizio degli anni ”60 da Clement Greenberg, in una delle poche aperture verso l’arte al femminile che il più ortodosso dei critici modernisti si sia mai concesso (l’altra è stata per Helen Frankenthaler), Truitt è emersa ben presto nel gruppo degli astrattisti di Washington, come controparte scultorea a Morris Louis e Kenneth Noland. I suoi lavori, apparentemente geometrici e lineari, hanno permesso successivamente un avvicinamento a quelli di Donald Judd e Robert Morris e dunque al nascente gruppo minimalista: Truitt partecipò a mostre storiche come Black, White and Gray (1964) e Primary Structures (1966) e la definizione di minimalista fu applicata per sempre al suo lavoro oggetto, anche grazie a questo accostamento di successo, di importanti retrospettive presso il Whitney Museum of American Art di New York, il Baltimore Museum of Modern art e presente in collezioni «specializzate» come quella di Panza di Biumo. A guardarle però con attenzione, le sculture geometriche e colorate di Anne Truitt, per la superficie dipinta rigorosamente a mano, per i titoli letterari e allusivi, per l’utilizzo simbolico del colore, pongono dei quesiti non riconducibili alla celebre massima di Frank Stella: ”What you see is what you see” James Meyer, infatti, nel suo saggio dedicato al minimalismo, pur riconoscendo ad Ann Truitt un importante contributo a questo movimento, osserva come la sua pratica sia finalizzata, contrariamente alla prassi canonica, a superare la sua sostanza materiale verso qualcosa di non definito ma ugualmente fondamentale. La definizione del suo lavoro fornita dall’artista stessa poi - ”Quello che voglio è colore in tre dimensioni, colore lasciato libero fino a un punto dove, teoricamente, il supporto si dissolva in colore puro” - non fa che avvalorare questa direzione critica. Certamente le sue sculture, realizzate attraverso un procedimento meticoloso (prima una superficie di gesso quindi diversi strati di colore), e denominate con frasi rivelatorie della grande passione coltivata per la poesia, hanno sfidato le convenzioni tanto della scultura quanto della pittura. Vibranti, emotive, quasi artigianali, solo superficialmente sono accostabili al freddo formalismo che ha trasformato il minimalismo in un linguaggio diffuso e applicato, come modello, ad altri campi della produzione culturale» (E. D. D., ”il manifesto” 28/12/2004).