L’Indipendente, 21/11/2004 pag. 1, 2-3, 21 novembre 2004
Quella del 79 d. C. descritta in due lettere di Plinio il Giovane (61-114 d.C.) a Tacito, è l’eruzione più conosciuta della storia, tanto che fenomeni simili sono definiti dai vulcanologi ”pliniani”
Quella del 79 d. C. descritta in due lettere di Plinio il Giovane (61-114 d.C.) a Tacito, è l’eruzione più conosciuta della storia, tanto che fenomeni simili sono definiti dai vulcanologi ”pliniani”. Particolarmente violenta e distruttiva, l’eruzione rase al suolo Pompei e Ercolano. Molte altre città furono fortemente danneggiate. L’eruzione sarebbe iniziata nella mattinata del 24 agosto e terminata intorno nel pomeriggio del 25. All’epoca, come oggi, il Vesuvio non era considerato un vulcano attivo e sulle sue pendici c’erano parecchie città. L’eruzione ebbe tre fasi: la prima, iniziata nella tarda mattina del 24 agosto, fu caratterizzata dall’interazione magma-acqua con l’eruzione accompagnata da una serie di forti esplosioni. Poi, nella notte si formò una colonna di gas, ceneri, e pomici bianche e grigie alta circa 15 km, e ci furono frequenti terremoti. I volumi di magma emessi nelle due fasi delle pomici, che a Pompei formano un deposito con spessore di circa 4 m, ammontarono rispettivamente a 1 e 2.6 km3. Durante la notte molte persone, approfittando della calma apparente, fecero ritorno alle proprie case, ma il 25 ci fu il collasso completo del vulcano con flussi piroclastici che si distribuirono radialmente, spazzando via tutto. In seguito si formò una nuova grande nube rovente di vapore acqueo e cenere che si riversò verso valle a altissima velocità devastando e incenerendo il poco che era rimasto in piedi. Durante l’eruzione uscirono dal vulcano 4 km3 di magma.