L’Indipendente, 21/11/2004 pag. 1, 2-3, 21 novembre 2004
Nel 79 d.C. Pompei è ancora una città in via di ricostruzione. A mezzogiorno del 5 febbraio del 63, infatti, una forte scossa di terremoto aveva raso al suolo gran parte della città: era crollato il tempio di Giove coi suoi colonnati, come pure il tempio di Apollo e tutti gli edifici intorno alla piazza centrale, la Basilica, il tempio di Iside (si credeva che la divinità egizia proteggesse i naviganti)
Nel 79 d.C. Pompei è ancora una città in via di ricostruzione. A mezzogiorno del 5 febbraio del 63, infatti, una forte scossa di terremoto aveva raso al suolo gran parte della città: era crollato il tempio di Giove coi suoi colonnati, come pure il tempio di Apollo e tutti gli edifici intorno alla piazza centrale, la Basilica, il tempio di Iside (si credeva che la divinità egizia proteggesse i naviganti). Inagibili i due teatri della città, di cui uno coperto. Malridotte le terme. Grazie però ai finanziamenti di Roma, la città pare rinascere ancora più lussuosa di prima, anche se nessuno s’interroga sulla causa della catastrofe. Aiutano nella ricostruzione di Pompei anche i cittadini più ricchi. Per esempio un facoltoso liberto, rampollo della gente Popidia (tra le più altolocate della città) fa ricostruire il tempio di Iside a sue spese, in nome del figlioletto di sei anni. Come ricompensa il fanciullo viene elevato dal senato della città, con la carica di consigliere municipale (si tratta di un riconoscimento onorifico, visto che il bambino avrebbe potuto ricoprire la carica solo all’età di trent’anni). I ricchi si fanno ricostruire case sempre più sfarzose e finemente affrescate, ogni stanza è decorata secondo l’uso: quelle dove si ricevono gli ospiti con scene mitologiche, atri e porticati che chiudevano i giardini con paesaggi e soggetti rustici, i triclini, dove si mangia, con nature morte di frutta e verdura.