Varie, 23 dicembre 2004
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Thiede Carsten
• Peter Berlino (Germania) 8 agosto 1952, Padeborn (Germania) 14 dicembre 2004. Scienziato • «Biblista e papirologo, storico della letteratura comparata, filologo e paleografo. E il 7Q5 è un frammento di papiro greco (ritrovato negli anni Quaranta nella grotta numero 7 di Qumran, la comunità di esseni sul Mar Morto), quello che Thiede datò intorno al 50 d.C. divenendo ipso facto - per gli uni - colui che aveva finalmente dimostrato la storicità del Nuovo Testamento e - per gli altri - un pericoloso apologeta viziato da manie fondamentaliste. Perché il 7Q5 contiene una ventina di lettere che apparterrebbero al Vangelo di Marco, ed esattamente a Mc 6, 52-53, come fin dal 1972 aveva ipotizzato (e a tutt’oggi non pare si sia trovata teoria più convincente) il papirologo padre José O’Callaghan; ma si può dire che la scoperta non aveva smosso più di tanto i non addetti ai lavori prima che, nel 1984, Thiede non pubblicasse con tutti i crismi accademici uno studio in cui portava le sue prove a favore dell’attribuzione del collega gesuita. La posta in gioco era altissima, e non solo per ragioni scientifiche; essere ”pro” o ”contro” la teoria di Thiede ha avuto a lungo, e tuttora, un senso ideologico: quasi come una contestazione della scuola esegetica razionalista, dominante gran parte del Novecento e giunta nei suoi epigoni più estremisti a ridurre i Vangeli a poco più d’un mito; come una dichiarazione di tradizionale ortodossia contro le troppe teorie autolesioniste del cattolicesimo post-conciliare. Il merito del papirologo tedesco, grazie alle sue capacità di divulgatore oltre che di erudito specialista (ha insegnato nelle università di Oxford, Londra e G inevra e attualmente era direttore dell’Istituto per la ricerca epistemologica di base di Paderborn), è stato quello di portare la disputa nel dibattito culturale internazionale, cioè sui giornali e in televisione; il suo Testimone oculare di Gesù (tradotto in italiano da Piemme) è stato un bestseller mondiale. In esso lo studioso, che nel 2000 è stato ordinato prete anglicano, esaminava tre frammenti di papiro conservati al Magdalen College di Oxford e che fornirebbero a suo parere la prova della datazione del Vangelo di Matteo intorno al 60-66 d.C.: almeno un decennio prima della data normalmente accettata dagli esperti. Se si tiene conto, inoltre, che i reperti derivano da un codice (un manoscritto rilegato a libro) greco e che dev’essere loro presupposta una redazione in rotolo e in aramaico, ne deriva che Matteo deve aver scritto a immediato ridosso della morte di Cristo: il che avvalora naturalmente la veridicità quasi cronistica di ciò che il suo libro attesta; da ”testimone oculare” di un fatto storico, appunto, e non come un’interpretazione teologico-metaforica di un messaggio filtrato e orientato dalla prima comunità cristiana. Thiede ha proseguito tale opera del tutto controcorrente anche in altri lavori - per esempio Qumran e i Vangeli (Massimo), Gesù storia o leggenda? (Edb), La nascita del cristianesimo (Mondadori) e I rotoli del Mar Morto (Mondadori) - e su altri fronti (per esempio ne La vera croce, stampato ancora da Mondadori, dove difende l’autenticità del cartiglio posto sulla croce di Cristo e oggi conservato come reliquia nella basilica di Santa Croce a Roma. E anche i suoi detrattori devono dargli atto, se non altro, di un notevole coraggio nel contrastare la vulgata comune, non sottraendosi mai a rendere pubblica ragione delle sue tesi ed esponendosi a bordate di scetticismo da parte di colleghi e giornalisti che non solo non tenevano conto di un incontestabile cu rriculum da ricercatore scientifico (tra l’altro la competenza di Thiede sui rotoli del Mar Morto era riconosciuta anche da diverse istituzioni accademiche in Israele), ma spesso hanno rasentato addirittura l’attacco personale. Al di là delle opinioni sulla fondatezza delle sue teorie, Carsten Peter Thiede ha avuto il merito di contrastare - da scienziato - la tesi di chi collocava le scoperte di Qumran in opposizione alla dottrina tradizionale (e in particolare cattolica) sui Vangeli, ribaltandola anzi in argomento a favore di una più stretta storicità del Nuovo Testamento: ”La pubblicazione di tutti i rotoli - dichiarò in un’intervista - rafforzerà ulteriormente la storicità del background culturale e religioso dei Vangeli”. [...]» (Roberto Beretta, ”Avvenire” 22/12/2004).