Varie, 22 dicembre 2004
PREZIOSI
PREZIOSI Enrico Avellino 18 febbraio 1948. Imprenditore. Presidente del Genoa. Ha creato nel 1978 la Giochi Preziosi, holding del giocattolo. Entra nel mondo del calcio rilevando il Saronno nel 1992-93 e portandolo dall’Interregionale fino alla C1 in 2 stagioni e nel 1996-97 sfiora la promozione in B. Poi, nel 1997, rileva il Como, in C1. Anche qui, come presidente, firma un’altra impresa: ancora nel 2000-01 la società era in C1 e in 2 stagioni ha conquistato la serie A. Poi nel giugno 2003 acquista il Genoa e ne diventa il 39? presidente, dopo avere avuti contatti con Naldi per rilevare il Napoli. «Mia mamma mi diceva una cosa importante: ”Chi non suda, chi non lavora, chi non si estolle dalla via del piacere, là non perviene”. Il significato è chiaro. Mi alzo presto, vado tardi a dormire e scelgo le mie priorità [...]» (Franco Tomati, ”La Gazzetta dello Sport” 22/12/2004). «[...] ”[...] quello che ad Avellino, alle scuole elementari, beccava bacchettate sulle mani dalla maestra Serra. Quello che un’altra insegnante, mi pare si chiamasse Bianca, prese per il collo per farlo stare buono. E pure quello al quale diedero di corsa la licenza media purché se ne andasse più lontano possibile da quella scuola... Ero vivace, ma non cattivo. Spesso succede che chi ha più fantasia degli altri, magari più creatività, sia giudicato impertinente. [...] lavoro ogni giorno. Se essere ricchi significa avere uno stipendio sopra la media, vivere in una villa e possedere una squadra di calcio, sì, allora sono ricco. Ma la vera ricchezza è la leadership e quella c’è quando gli altri la riconoscono [...] La mia famiglia non era né ricca né povera. Papà aveva un’orologeria, mamma insegnava. Uscito da scuola, cominciai a lavorare con papà, smontavo orologi, mi piaceva quel lavoro, ma a 17 anni, persi il papà. E la mamma non se la sentì di lasciare sulle mie spalle la responsabilità del negozio. Potevo avere un posto con lo stipendio garantito, ho preferito venire al Nord, in cerca di fortuna. Ne ho fatti tanti, di lavori. Non li ricordo nemmeno tutti e non ho molta voglia di parlarne. Un giorno, aiutavo in un negozio di elettricità, entrò un signore che produceva favole per bambini e voleva riprodurle in cassetta. Una alla volta era troppo lento e la traccia sbiadiva... gli consigliai una apparecchiatura per farne 12 alla volta, diventammo soci. Lui ci metteva le favole, io i nastri... Tutto cominciò così”. E quello fu l’incontro con i giocattoli, con il mondo dei bambini. La scalata fu rapidissima. Nuovi giocattoli, nuovi marchi, lo stabilimento a Hong Kong: ”Emilio”, un bestseller da un milione e mezzo di pezzi, poi ”Cantatù”, testimonial Fiorello, altri due milioni di pezzi: ” un mercato senza limiti, perché non si smette di giocare invecchiando, ma si invecchia quando si smette di giocare”. Sembra uno slogan e forse lo è. comunque il segreto di un successo, perché i bambini hanno sempre voglia di ridere. E pazienza se quello che produce sorrisi spesso viene definito come un uomo dal carattere difficile. ”Ma anche questo è un luogo comune, come quello secondo cui chi ha carattere, per forza ha un brutto carattere. Io, semplicemente, non mi inquadro, io sono un battitore libero e perciò scomodo. Tengo alla famiglia, a due o tre amici. Ascolto musica, gioco a tennis... non ho la barca, l’ho venduta. E poi, e poi, beh, c’è il calcio” [...]» (Franco Tomati, ”La Gazzetta dello Sport” 20/3/2005).