"Cicerone contro Catilina", Garzanti, Milano 1996, 21 dicembre 2004
Infamia e follia. Ma a che servono le mie parole? A piegarti, in qualche modo? A farti ricredere? A indurti a preparare la fuga, a pensare all’esilio? Potessero gli dèi immortali ispirarti tali propositi! Ma non mi illudo: se tu decidessi di andare in esilio spaventato dal mio discorso, una tremenda tempesta di impopolarità si abbatterebbe su di me, se non subito, essendo vivo il ricordo dei tuoi crimini, certamente in futuro! Ma è il prezzo da pagare, purché tale calamità ricada su me solo e non comporti pericoli per lo Stato
Infamia e follia. Ma a che servono le mie parole? A piegarti, in qualche modo? A farti ricredere? A indurti a preparare la fuga, a pensare all’esilio? Potessero gli dèi immortali ispirarti tali propositi! Ma non mi illudo: se tu decidessi di andare in esilio spaventato dal mio discorso, una tremenda tempesta di impopolarità si abbatterebbe su di me, se non subito, essendo vivo il ricordo dei tuoi crimini, certamente in futuro! Ma è il prezzo da pagare, purché tale calamità ricada su me solo e non comporti pericoli per lo Stato. Non è il caso di chiederti di provar rimorso per i tuoi vizi, di temere le pene previste dalla legge, di avere dei ripensamenti di fronte alle difficoltà in cui versa lo Stato. Non sei infatti il tipo, Catilina, da astenerti dall’infamia per pudore, dal pericolo per paura, dalla follia per ragionevolezza.