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 2004  dicembre 05 Domenica calendario

L’andirivieni dei palchi. Quella sera alla Scala ci fu uno scambio frenetico di visite e convenevoli da un palco all’altro

L’andirivieni dei palchi. Quella sera alla Scala ci fu uno scambio frenetico di visite e convenevoli da un palco all’altro. Ognuno lo aveva arredato a proprio gusto, per lo più bizzarro, in un’epoca in cui il palco era una dèpendance della casa e il retropalco una cucina da cui uscivano risotti fumanti. Pare che il più bello fosse quello del marchese Pompeo Litta Visconti Arese, quello di proscenio, il più ampio dei quattro che possedeva. Il palco costituiva parte integrante del patrimonio della famiglia, fino al 1921 quando ne fu abolita la proprietà privata. Tanto più se veniva messo a rendita come testimoniano numerosissime inserzioni dell’epoca in cui si offriva in affitto il palco o una parte di esso: «I palchi al nuovo teatro sono tanto cari, che sebbene dopo il mio matrimonio ne abbia avuto uno in affitto, ora per un anno l’ho a metà, e siccome Maria è amica sino da fanciulla della moglie di Beccarla, che è come sai nostra cugina e buonissima giovine, così la società è con essa», scriveva Pietro Verri, il 30 settembre 1778, al fratello Alessandro. I conti Greppi, come si legge nell’inventario del 1799 relativo alla loro casa in Milano, possedevano tre palchi alla Scala e due alla Cannobbiana, arredati per bene: oltre agli arredi eleganti, ogni palco era munito di un piccolo mobile su cui era posto un vaso di maiolica, molto utile in assenza di impianti igienici. E come a casa, nel palco non si era mai soli, si riceveva, si mangiava, si dormiva, si cospirava, si faceva l’amore. E negli anni a venire lì si sarebbe discusso di patria e di libertà.