Marco Tosatti, La Stampa 20/12/2004, pag. 12., 20 dicembre 2004
Nel summit mondiale dei buddhisti a Yangoon Myanmar (Rangoon in Birmania, fino a poco tempo fa) si è parlato dello stato di crisi della Via nelle sue molteplici forme (Piccola, Grande e Media)
Nel summit mondiale dei buddhisti a Yangoon Myanmar (Rangoon in Birmania, fino a poco tempo fa) si è parlato dello stato di crisi della Via nelle sue molteplici forme (Piccola, Grande e Media). Il 54 per cento dei giapponesi si considera buddhista o shintoista, ma «la grande maggioranza della gente va nei luoghi santi, o nei templi, solo per una festa all’anno». In Thailandia uno studioso ha avanzato l’ipotesi di una possibile scomparsa, a medio termine, del buddhismo come religione di massa. La Cambogia paga lo stato disastroso del monachesimo locale: suicidi collettivi, pedofilia, uso di droghe, violenza e atti di indisciplina collettiva. L’occupazione cinese in Tibet ha identificato sin dall’inizio nel monachesimo buddhista l’avversario principale e ha infierito su conventi e templi cercando di desertificare la pratica religiosa. Invece il regime militare del Myanmar, che ha finanziato e ospitato il summit (suscitando pollemiche e cancellazioni), ha fiutato l’affare turistico legato ai tetti dorati delle pagode e alle tonache arancioni dei monaci.