Varie, 17 dicembre 2004
Tags : Ed Mcbain
Mcbain Ed
• (Salvatore Lombino, Evan Hunter) New York (Stati Uniti) 15 ottobre 1926, morto a Weston (Stati Uniti) il 6 luglio 2005. Scrittore. «[...] uno scrittore serio e onesto. [...] le sue dolenti note dal distretto di polizia (hanno il tono di certi racconti di Cechov) [...]» (Antonio D’Orrico, “Sette” n. 28/1999). «[...] Salvatore Lombino. A molti questo nome probabilmente non dirà nulla: dal 1952 il nome impresso sul passaporto di questo figlio unico di un postino lucano nato nel 1926 a New York, il nome con cui firmava gli assegni, quello che usavano parenti e amici era Evan Hunter. Ma lo pseudonimo con cui lo conoscevano in tutto il mondo, scritto su oltre cento milioni di libri venduti, era Ed McBain. Raccontava di aver usato decine di nomi nel corso della sua carriera, soprattutto all’inizio quando lo pagavano 25 centesimi a parola e riusciva a scrivere, nella stessa rivista, quattro o cinque racconti senza che il direttore sapesse che l’autore era sempre lui. “Se sei italo-americano — spiegava — non pensano che puoi essere una persona colta. Quando ho comunicato a mio padre il cambio di nome, ha commentato semplicemente: ‘Good boy, trovata geniale’”. Aveva cominciato a scrivere subito dopo il servizio militare in marina (prima aveva studiato all’Art Students League di New York). Scriveva e nel frattempo lavorava: era stato insegnante, venditore di aragoste, agente letterario. Come Evan Hunter aveva firmato, nel 1954, appena ventottenne, il suo primo libro, vagamente autobiografico, Blackboard Jungle, da cui Richard Brooks trasse, l’anno dopo, Il seme della violenza, film con Glenn Ford e Sidney Poitier che all’uscita scandalizzò per la crudezza con cui raccontava la violenza nella scuola e fece della canzone Rock around the clock di Bill Haley una pietra miliare della musica. I romanzi sui conflitti generazionali e sociali dell’America anni Sessanta,come Mothersand Daughters (Madri e figlie) del 1961 e Last Summer (L’estate scorsa) del 1968, li aveva firmati come Evan Hunter così come le varie sceneggiature, tra cui Gli uccelli di Hitchcock. Il rapporto con il cinema aveva funzionato anche in senso inverso con i suoi libri portati sul grande schermo da registi come Chabrol e Kurosawa. Per proteggere quell’immagine “seria” si era poi inventato Ed Mc-Bain, in una sorta di doppio binario alla Simenon. “Molti mi dicevano che con il poliziesco mi sarei squalificato” spiegava, proprio lui che, in quanto creatore della serie dell’87˚ distretto ambientata in una metropoli simile a New York, ribattezzata l’Isola, era considerato il maestro del “police procedural”, quel filone del giallo basato sulla ricostruzione dei metodi e del punto di vista della polizia (senza di lui non ci sarebbero state serie televisive come Hill Street , Nypd e tutte le successive clonazioni), più che sull’intuizione geniale del singolo investigatore alla Sherlock Holmes. Mentre nell’altra sua serie famosa il protagonista, l’avvocato Mattew Hope, assomiglia vagamente a Perry Mason, con gli oltre cinquanta titoli dell’87˚ distretto [...] McBain aveva completamente rinnovato il genere con eroi non più tutti d’un pezzo, acuti ma non esenti da debolezze (il tenente Steve Carella, la moglie sordomuta Teddy e tutta la corte di collaboratori), una città intera a fare da protagonista, la trama stratificata, lo stile cinematografico, il linguaggio realistico che non disdegnava slang ed espressioni violente. Romanzi forti, ma non muscolari, sempre attenti all’indagine psicologica e ai risvolti sentimentali. “Prima di sedermi davanti a un computer scelgo il ruolo da interpretare — aveva detto in un’intervista per spiegare la sua doppia personalità —. Quando sono McBain so che avrò a che fare con cadaveri, quando sono Hunter con persone”. Soltanto nel 2001 Evan Hunter ed Ed McBain si erano incontrati. Era successo con Candyland, romanzo doppio che poteva essere letto anche come due storie singole: a Hunter era toccata la prima metà, la seconda, virata sul mistery, era di Ed McBain. Elegante e pieno di humour, si considerava un buon artigiano della letteratura. Ci metteva quattro mesi per scrivere un romanzo lavorando dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 6 di sera, “orari da bancario”, anche se dopo un infarto negli anni Ottanta aveva un po’ rallentato il ritmo. Merito anche della terza moglie, Dragica Dimitrov, detta Tina, una biondina di origine slava, conosciuta a New York e sposata nel ’97, nel giardino dell’Hotel Cipriani di Venezia. Di scrivere, comunque, non aveva mai smesso, nemmeno dopo che gli era stato diagnosticato il tumore alla gola che l’ha portato alla morte. “Che cosa non ho ancora ottenuto? — scherzava — Vorrei vincere il Pulitzer, il Nobel. Mi piacerebbe anche vincere un premio per il musical che ho scritto. A parte questo, le mie aspirazioni sono modeste” . [...]» (Cristina Taglietti, “Corriere della Sera” 8/7/2005). «Evan Hunter-Ed McBain [...] Due scrittori, due anime, due carriere folgoranti (Evan ha scritto Il seme della violenza e ha sceneggiato Gli uccelli, Ed, con le due serie dell’87º distretto e di Matthew Hope, era il padre riconosciuto del poliziesco contemporaneo): ma la stessa persona. [...] figlio di un postino, nella US Navy durante la seconda guerra mondiale, aspirante scrittore ambizioso, al punto di cambiare legalmente nome nel 1952 per una presupposta diffidenza degli editori nei confronti degli italo americani. Ma con i nomi avrebbe continuato a giocare, per anni, firmando libri come Curt Cannon e Ezra Hannon, o ispirandosi ai tre fratelli (Rick, Mark, Ted) per l’ulteriore nom de plume di Richard Marsten, o ancora rubando all’Hunter College frequentato da studente la personalità di Hunt Collins. Le idee, però, erano chiarissime: “Evan Hunter non è uno pseudonimo - raccontava in un’intervista [...] - È il mio nome, quello che è sul mio passaporto, quello con cui firmo gli assegni, quello con cui la famiglia e gli amici mi conoscono. Lo pseudonimo è Ed McBain: ho cominciato ad usarlo presto, quando mi pagavano un quarto di centesimo a parola per il mio lavoro e dovevo scrivere moltissimo per vivere. A volte la stessa rivista pubblicava tre o quattro racconti senza che l’editore sapesse che erano tutti miei”. È accaduto di meglio: nel 2000 uscì Candyland, romanzo firmato sia da Hunter che da McBain, che iniziava con lo stile mainstream del primo per precipitare nel pulp glorificato dal secondo. Come se le due identità letterarie, così simili a quelle raccontate in chiave horror da Stephen King ne La metà oscura, avessero finalmente firmato una tregua. Nei fatti, i due si dividevano tranquillamente i compiti. Aveva cominciato Hunter, con il successo clamoroso, nel 1954, di The Black-board Jungle, il romanzo da cui Richard Brooks trasse il film che lanciò, nell’ordine, Bill Haley, il rock e la stessa categoria dei giovani. Nel 1956 arrivò Ed con Cop Hater, primo episodio della lunga e fortunatissima serie dell’87º distretto di polizia. Hunter-McBain raccontò così ad Andrea Pinketts la nascita del suo eteronimo: “Avevo già dato inizio alla mia carriera di scrittore, ero già Evan Hunter. Non mi interessava minimamente se McBain sarebbe diventato famoso oppure no. Così ho giocato il tutto per tutto”. I due andarono avanti in piena sintonia e con impressionanti paralleli: se nel 1955 Evan Hunter aveva scritto per la serie televisiva Alfred Hitchcock, Ed, una decina di anni dopo, avrebbe seguito le orme del suo alter ego per il serial Ironside e poi per le avventure del tenente Colombo. Ancora: nello stesso 1963 in cui Hunter firmò per Hitchcock la sceneggiatura de Gli uccelli, dal romanzo di Daphne du Maurier, un altro maestro del cinema, Akira Kurosawa, girava il film Anatomia di un rapimento da Due colpi in uno di Ed McBain (il quale, peraltro, si sarebbe divertito a confondere ulteriormente le acque citando, in The Last Dance, il film di Kurosawa come “tratto dal romanzo di un americano che scriveva gialli da due soldi”). Qual era, infine, la differenza? “Il cadavere”, ebbe a dire Evan-Ed. Perché mentre il primo firmava romanzi melò come Strangers when we Meet (Noi due sconosciuti, poi film con Kirk Douglas e Kim Novak), testi per il teatro e libri per bambini, Ed scriveva sceneggiature per Chabrol (Rosso nel buio) e, soprattutto, diventava un monumento del giallo poliziesco con il suo 87º distretto. Cinquanta romanzi con protagonisti poliziotti ora assolutamente familiari, ma anomali agli esordi: intanto perché dicevano “fuck” (con grande gioia di un collega come Elmore Leonard, che ammise: “McBain mi ha insegnato a non temere di mettere nei miei libri le parolacce”). Poi, e in primissimo luogo, perché a McBain si deve la perfezione del police procedural, dove per risolvere un crimine non occorre l’intuizione di un unico e geniale investigatore, ma un team di normalissimi individui che mettono in atto prassi verosimili. Strapremiato, amato assai anche dagli scrittori italiani (almeno quattro dichiarati: Giancarlo De Cataldo, Gianni Biondillo, Tullio Avoledo, Wu Ming), lo scrittore dalle due anime e dai molti nomi vanta anche un’altra piccola primogenitura. The Last Dance è stato fra i primi libri a sperimentare il formato elettronico. Lui, all´epoca, disse: “Sono arrivato nel mondo dell’editoria in un momento in cui ero costretto a pensare al mercato. Forse, prima della mia generazione, gli scrittori avevano solo la speranza di riuscire a essere pubblicati da qualche parte. Io non so se l’e-book è destinato a cambiare il modo di pensare degli autori. Ma potrebbe accadere. Gli scrittori si adattano molto a quello che succede nel mondo”» (Loredana Lipperini, “la Repubblica” 8/7/2005).