Varie, 17 dicembre 2004
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Masekela Hugh
• Witbank (Sudafrica) 4 aprile 1939. Trombettista. Compositore. «Originario dei sobborghi di Johannesburg ma costretto [...] a trascorrere in esilio buona parte della propria vita [...] Grazin’ the Grass, il primo brano che fece conoscere negli Stati uniti il talentuoso musicista, portandolo nel luglio del ’68 al primo posto dei singoli pop più venduti. All’epoca la fama di Masekela derivava principalmente dal fatto di essere stato sposato a una certa Miriam Makeba (poi lei scelse Stokely Carmichael, il leader delle Pantere Nere, e al suo seguito si sarebbe avviata verso l’ulteriore esilio in Guinea). Erano passati oltre dieci anni dagli esordi del trombettista sulla tormentata scena jazzistica sudafricana. La rivoluzione di mercato della Motown montava e la world music non esisteva ancora, però c’era Miriam Makeba. Lui a New York avrebbe tanto voluto suonare be-bop con Art Blakey o Horace Silver, con quell’accento hard che incendiava il jazz del periodo. Ma proprio i suoi mostri sacri, chissà, forse per liberarsene, lo istigarono a formare una band tutta sua. Lo invitarono a distinguersi, possibilmente, mescolando il jazz con il marabi e il kwela, la musica popolare urbana sudafricana, che pur nelle proibitive condizioni delle township, negli anni peggiori dell’apartheid, si era sviluppata fino a costituire un ricco serbatoio di spunti. Masekela fece anche di più, aggiungendo il suo tocco individuale e rendendo la voce del suo flicorno un marchio di fabbrica inconfondibile, all’interno di composizioni quasi sempre capaci di esprimere una visione panafricana e allo stesso tempo personale del jazz. Negli anni ’80 arrivò a sfiorare spericolatamente i territori del tecno-pop, rivaleggiando sulle piste da ballo con le contemporanee mutazioni elettroniche di Manu Dibango. Dilaniato dall’esilio, per registrare la sua musica a un certo punto si spinse fino in Botswana, appollaiato in uno studio mobile nei pressi del confine sudafricano. Con lo stesso sentimento di struggente indignazione ha continuato a portare in giro la sua poetica e il suo nomadismo musicali. [...]» (M. Bo., ”il manifesto” 16/12/2004).