Gianni Merlo, ཿLa Gazzetta dello Sport 16/12/2004;, 16 dicembre 2004
Da bambino Kristian Ghedina usava gli sci d’inverno e la bici d’estate: «Era delle prime con gli ammortizzatori
Da bambino Kristian Ghedina usava gli sci d’inverno e la bici d’estate: «Era delle prime con gli ammortizzatori. Era un piacere sentire quel rumore quando la pressione si scarica negli stantuffi. Io, sempre dietro casa, scendevo in picchiata, poi c’era una specie di raccordo che mi permetteva di frenare la velocità risalendo una stradina in asfalto. Potevo vedere le auto che salivano e tenevo l’orecchio teso per sentire se qualcuno scendeva, perché gli alberi mi nascondevano la parte in discesa. Un giorno, purtroppo, non mi accorsi di nulla e quando imboccai la lingua asfaltata feci un frontale con un’auto. Volai sopra il tetto e ruzzolai nella scarpata vicina. Me la cavai con un po’ di graffi. Andò peggio durante delle strane acrobazie all’interno di un grande garage, perché non riuscii a frenare a andai a sbattere contro la saracinesca. Con la testa spezzai una finestrella e il vetro quasi mi recise una vena del braccio destro. Il sangue zampillava. Io lo tamponavo con la mano sinistra e ogni tanto lasciavo andare. Gli schizzi arrivavano fino al muro. Mi sentivo come l’Uomo Ragno.... ».