Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2004  dicembre 09 Giovedì calendario

Crumley James

• Three Rivers (Stati Uniti) 12 ottobre 1939, Missoula (Stati Uniti) 17 settembre 2008. Scrittore. Ex alcolista, vive a Missoula, la cittadina del Montana che è diventata la patria adottiva di molti scrittori noir statunitensi. Ha pubblicato One to Count the Cadence, suo primo romanzo, nel 1969. «[...] autore cult di classici noir americani come L’ultimo vero bacio e Bordersnakes [...] ”mi fa piacere che tanti bravi scrittori amino i miei libri. Però i romanzieri di talento sono pochi, e sottopagati. I miei romanzi gli piacciono ma non comprano abbastanza copie, evidentemente [...] Scambiare le belle recensioni che ricevo con qualche milione di copie vendute in più? [...]. Magari [...] ho scritto qualche sceneggiatura, qualche adattamento. Ho lavorato con Robert Towne, l’autore di Chinatown. Ma quella è una giungla di avvocati senza cuore, produttori senza scrupoli e cialtroni senza talento. Lavorare a Hollywood è come essere fottuti senza neanche ricevere un bacio. E i soldi non sempre sono buoni come ci si immagina. Quel che sei costretto a fare per riuscire a prenderli, quei soldi, è terrificante. [...] rivedo spesso i film di Sam Peckinpah. Il mucchio selvaggio, Voglio la testa di Alfredo Garcia, Getaway. Quelli sì che sono film con le palle, altro che la roba di oggi. Sa, ho conosciuto Peckinpah a Hollywood, una volta. Un vecchio ubriacone, ma con me fu gentile. Non lo era con tutti, pare [...] Gli confessai che avevo scopiazzato a man bassa dai suoi film. Lui mi guardò e rispose: ”Lo avevo notato anch’io’. Fine del discorso [...] in Giappone i miei libri escono tra la narrativa generale invece che tra i gialli o i noir, in certi Paesi non hanno etichette – anche perché hard boiled ormai non significa niente. Ma l’editoria americana cataloga tutto, per ragioni di marketing. Stanno sempre lì a contare le vendite fino all’ultima copia. Poi ficcano tutto nei computer. Che cosa ne esca, poi, dal computer, non lo so [...] Però vede, io non sono mai stato un buon americano. Da giovane ero trotzkista. Il reaganismo non ha mai fatto per me. E non sono stato neppure un buon soldato – avevo molti problemi con il concetto di autorità” [...]» (Matteo Persivale, ”Corriere della Sera” 9/12/2004). «Con gli anni, James Crumley assomiglia sempre più ai suoi personaggi. La voce aspra, ridotta a un raschio di fumo e parole indistinte. La risata frequente e felpata. Un’indiscutibile passione per il bicchiere. Un corpo - e un’anima - ”con più ferite di un cadavere all’obitorio”. [...] Anche in Italia Crumley ha parecchi estimatori, cresciuti su libri come L’ultimo vero bacio, La terra della menzogna, L’anatra messicana, palcoscenici per le avventure di Milo Milodragovitch e C. W. Sughrue, detective delusi, con un passato di fallimenti e opportunità perdute, senza futuro, corrotti della stessa corruzione che cercano di svelare. [...] ”[...] i miei detective vengono dopo la guerra del Vietnam, e quindi non sono più a loro agio con la moralità tradizionale come poteva esserlo, mettiamo, Philip Marlowe [...] Mio padre estraeva petrolio in Texas, mia madre faceva la cameriera. Sono stato il primo della famiglia a nascere all’ospedale e andare all’università. Ho fatto il barista e l’uomo delle pulizie. Oggi mi definisco ancora comunista, anzi trotzkista. Personaggi come C. W. Sughrue si portano dietro il mio rifiuto per le convenzioni, per la middle-class [...] La vita non è un teaparty. Ma dopo ogni picco di violenza cerco di sciogliere tutto in una risata. come un´anticlimax che ti permette di dominare l´esplosione di morte e sangue [...] Quando mi metto davanti al computer, per me è sempre la stessa dannatissima sofferenza. E allora immagino una situazione iniziale, le domande classiche - dove, quando, chi - e poi seguo i personaggi. Un romanzo è come un cappotto, dove le cose possono essere nascoste per poi ritrovarle più tardi. O anche non ritrovarle più”. Chi sono gli scrittori che l’hanno più influenzata? ”Raymond Chandler, ovviamente, poi Malcom Lowry di Sotto il vulcano e Lawrence Durrell”. Si considera uno scrittore di gialli? ”No, mi considero un comico, perché racconto l’assurdità dell´esistenza”. Un comico con una vena poetica notevole. [...] ”Ho iniziato come poeta, forse finirò come poeta. [...]” [...] vive a Missoula, Montana. Un posto importante per i suoi romanzi. ”Fondamentale. Il Montana è un West strano, dove convivono centri di ricerca universitaria e negozi di armi. Io ci sono arrivato giovanissimo, dal Texas, ed è diventata la mia casa”. [...] è diventato una sorta di mito nella zona. Amplificato dal fatto che il suo numero è sulla guida del telefono. ”Sono accessibilissimo. Ogni tanto arriva uno studente di creative writing della University of Montana. Porta qualche birra e un suo pezzo. Leggiamo e beviamo [...] La maggioranza degli americani vive in questa distesa di highway, motel, centri commerciali, case basse che si perdono tra campi, monti, deserti. Il paesaggio dei miei romanzi è il paesaggio d’America [...] Io sono il figlio bastardo di Chandler. Senza di lui, non ci sarei, come non ci sarebbero molti altri miei colleghi. E poi sono sulla sua strada. Bevo, mi comporto male... [...] Nel Quartetto d’Alessandria lo scrittore Pursewarden spiega che l’arte è il prolungamento dell’infanzia. Per me è una definizione fondamentale. Forse è per questo che scrivo. Mi diverto a trovare le parole giuste”» (’la Repubblica” 19/11/2005).