Varie, 8 dicembre 2004
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Witteveen Jan
• Stavaren (Olanda) 29 maggio 1947. Ingegnere. Laureatosi in ingegneria nel 1970 con una tesi sul motore a 4 tempi, nello stesso anno comincia a lavorare alla Sachs. Nel 1974 diventa responsabile ricerca e sviluppo dei motori da competizione e riorganizza il reparto corse della Hercules-Dkw. A metà 1976 è direttore tecnico della Simonini, a fine ”77 passa alla Gilera come responsabile per il cross: con Michele Rinaldi e Corrado Maddii in sella, conquista il secondo e terzo posto nel Mondiale ”82. Nel ”78 e ”79 collabora anche con la Adriatica-Bimota, progettando una 250 (pilota Randy Mamola) prima con motore parallelo, quindi a V con alberi controrotanti. Witteveen resta in Gilera fino all’83, quando è chiamato da Cagiva come responsabile per cross e fuoristrada, estendendo poi i suoi compiti alla Husqvarna. Nel 1989 diventa direttore tecnico dell’Aprilia, che sotto alla sua guida diventa la moto da battere nel Motomondiale velocità nelle classi 125 e 250. In totale (8 dicembre 2004) Witteween ha vinto 40 titoli (12 enduro, 5 di cross, 23 di velocità) e 176 GP di velocità. «Un ingegnere non lo immagini così, papillon sotto la giacca a quadretti, al limite dell’eccentrico. Soprattutto se olandese di nascita e tedesco (piuttosto ”integralista”) di formazione, anche se poi addolcito dalla lunga frequentazione italiana. Invece Jan (per l’esattezza Gerrit Jan) Witteveen [...] ha un’originalità innata: tecnicamente e per carattere. ”In passato, quando tutti fumavano sigarette, io preferivo la pipa, che nessuno usava. Non mi piace essere come la massa, rischi di diventare una pecora”. Chi non lo conosce in privato ha potuto apprezzare le sue moto, vincenti prima in Germania e dal ”76 in Italia. Chi ha vissuto insieme gran parte di questo periodo [...] ne può tracciare un ritratto più intimo. ”A Jan – assicura Carlo Pernat, suo braccio destro sportivo in Gilera, Cagiva e Aprilia – va riconosciuta una grande onestà intellettuale. Un carattere duro che però non gli impediva di arrivare alla soluzione più logica, anche contro le sue idee. Insieme all’Aprilia abbiamo fatto grandi cose, anche perché c’era un presidente come Ivano Beggio che credeva nelle corse: metteva un sacco di soldi e ci lasciava l’autonomia” [...] Un percorso lastricato di vittorie (177, ben 176 sotto la gestione Witteveen) che parte da lontano: e quasi per gioco. ”Ero ancora studente al Politecnico – racconta Witteveen – e c’era un conoscente che aveva un negozio di biciclette e motorini che correva il campionato olandese velocità 50. Purtroppo... pesava 90 chili, un’enormità per la poca potenza di quei motori. Così lo modificammo mettendogli il disco rotante. Vinse il campionato. Allora lo portò in fabbrica, alla Sachs, dove rimasero strabiliati dalla potenza ottenuta. Appena laureato mi offrirono un lavoro”. Un amore infinito, quello per questa scelta tecnica, che negli Anni ”70 era molto in voga, da un bel po’ completamente abbandonata. Ecco che torna l’originalità. ”Se fai quello che fanno gli altri – è la sua filosofia – diventa difficile vincere, perché appena raggiungi l’avversario lui è già un passo avanti. Seguendo altre strade, se va bene hai una tecnologia tua, se va male arrivi secondo o terzo. Fino ad oggi abbiamo avuto ragione”. Per Pernat però il grande merito di Witteveen è un altro. ”In tutti i posti dove è arrivato ha saputo dare un metodo di lavoro. All’Aprilia, tecnicamente, la mossa chiave è stata nel ”90, quando sono stati fatti 4 team esterni che fornivano una massa enorme di informazioni per staccarsi sempre di più dalla Rotax, che forniva i propulsori. Così dal ”92 l’Aprilia aveva un motore tutto suo: molto competitivo”. L’ingegnere olandese si prende altre soddisfazioni. ”In assoluto, quello di cui mi posso vantare, con dati di fatto, è la mia grande esperienza con gli scarichi: particolare che nei motori 2 tempi è fondamentale. In 30 anni di lavoro non sono riuscito a trovare un altro tecnico che sia riuscito a fare meglio di me’. E in Aprilia? ”Un ricordo prevale su tutti. A metà anni Novanta i giapponesi, soprattutto la Honda, iniziarono a parlare della benzina verde, per rendere le moto da corsa più ecologiche. Volevano iniziare nel ”97. L’Aprilia era contraria perché non eravamo pronti. Così ottenemmo di partire nel ”98. Perdemmo la prima gara 250, poi vincemmo tutte le altre, conquistando a fine anno tutto il podio iridato e anche il titolo 125. Noi pensavamo di fare fatica, invece eravamo stati più bravi dei giapponesi”. Ma c’è anche qualche lato negativo. ”Credo che il suo errore – è sempre Pernat a parlare – sia stato il bicilindrico per la 500. Non nel progetto, ma nell’ostinazione ad andare avanti anche dopo tre anni di risultati deludenti”. Per Witteveen, invece, è tutto il contrario. ”Penso che il V2 non sia stato una sconfitta, ma la mia trovata migliore. Dopo la crescita di cilindrata, nel ”99, con la pole al Mugello di Harada e il successivo podio di Donington eravamo arrivati ad un passo dalla competitività assoluta. Se devo vedere un errore è nella tempistica, nel voler entrare in gara quando ancora non si era pronti. Un po’ quello che si è verificato con la MotoGP: io avrei ritardato di un anno l’ingresso nel campionato, concentrandomi sui test, ma l’azienda ha deciso diversamente” [...] Carlo Pernat, con un po’ di perfidia, racconta anche un punto debole dell’amico. ”Con i piloti ci prende poco: perché la sua scelta è da tecnico e non da direttore sportivo. In 125 a Gramigni avrebbe preferito Debbia, in 250 voleva Casoli invece che Biaggi. Quanto a Rossi, che all’inizio era poco tecnico e arrivava sempre in ritardo, sentenziò che non sarebbe mai diventato un campione....”. ”Oggi – spiega l’ingegnere – è facile dire che il migliore passato in Aprilia è stato Valentino. Ma in effetti lui aveva la capacità di spremere il 100 per cento dalla moto anche quando non era a posto: un grande vantaggio per i tecnici. Ma sono attaccato a tanti. A tutti quelli che ci hanno dato un ritorno di informazioni con le loro vittorie: Reggiani, Biaggi, Capirossi, Sakata. Quello a cui sono più legato però è Lucchi: è più vicino alla mia età e poi abbiamo lavorato insieme per quasi 15 anni”. E le moto? La regina è una 250. Idealmente è al centro del ”Museo Witteveen”. Per contratto, da sempre, ogni anno gli spetta una moto: ne ha 25, la preferita è la RSW 250 del ”95. ”Fino al ”94 – spiega – le moto da corsa erano fatte in base al gusto. Ma lì decisi che si sarebbe dovuto seguire solamente la tecnica. Così abbiamo fatto un grandissimo lavoro in galleria del vento e nel ”95 ci siamo presentati con una moto completamente nuova. La soddisfazione è che anche la produzione ha poi adottato quelle linee”» (Filippo Falsaperla, ”La Gazzetta dello Sport” 8/12/2004).