Fiorella Minervino, La Stampa 27/11/2004, pag. 27., 27 novembre 2004
L’architetto ticinese Mario Botta descrive la ristrutturazione della Scala, avvenuta in tre momenti: «Un primo che toccava l’invenzione della torre scenica che ha proposto l’ingegner Malgrande
L’architetto ticinese Mario Botta descrive la ristrutturazione della Scala, avvenuta in tre momenti: «Un primo che toccava l’invenzione della torre scenica che ha proposto l’ingegner Malgrande. Per secondo le parti conservate, cioè il restauro conservativo, condotto dall’achitetto Elisabetta Fabbri. Terzo la mia trasformazione: l’abbattimento di 120.000 metri cubi e la costruzione di 130.000 nuovi. Insomma la torre scenica più servizi, camerini, sale prova, questa grande parte ha fatto più discutere per l’effetto che ha avuto come impatto visivo sull’asse del Teatro, la torre scenica è risultata di un piano più elevata del precedente. Sull’asse dei servizi questo famoso elisse sopralza dal profilo storico del volume dell’800 in via Filodramamtici, di 3 piani, con diversa espressione linguistica e formale. L’elisse è il volume che sovrasta i tetti di Via Filodrammatici, è immagine libera, non interferisce con la parete laterale della scena, si pone in maniera autonoma all’impianto generale, che era un grande parallelepipedo del Piermarini. Il Teatro ha subito importanti stratificazioni architettoniche dalla nascita nel 1778, con la struttura neoclassica ha retto egregiamente i diversi aggiornamenti che gli hanno permesso di svolgere l’importante ruolo storico-urbanistico. Del resto la Scala, come molte altre strutture neoclassiche, ha di continuo aggiornato gli spazi per far fronte all’evoluzione della tecnica di spettacolo. Costruito dal Piemarini in 2 soli anni, dal 1776 al ’78, sulla distruzione della Chiesa trecentesca di Santa Maria alla Scala, ricalca i canoni tipici dell’epoca, la platea libera (spettatori in piedi)i palchi addobbati secondo i gusti delle famiglie proprietarie e la profondità della scena del palco disegnata per scenografie bidimensionali che scorrevano lateralmente. Ovvio che il tutto avveniva al lume di lampade a olio, e le strade erano diverse, il teatro presentava le facciate come fronte d’un isolato racchiuso tra via anguste, via Manzoni era una contrada stretta e il Teatro aveva un porticato sul sedime stradale. Nel 1858 con la demolizione delle quinta muraria su via Manzoni si configurava l’attuale Piazza della Scala con la facciata principale che acquistava un nuovo spazio che si estendeva fino a Palazzo Marino. La profondità di campo acquisita dal Teatro era condizione nuova, sconosciuta al Piermarini. Questo per la storia, poi le ristrutturazioni avvenute dopo le distruzione della seconda guerra mondiale e numerose aggiunte, rendevano l’edificio differente dall’originale». Durante i lavori nessuna grande sorpresa: «Abbiamo ritrovato dei pavimenti, e sembra che una parte dei palchi fosse color azzurro turchese, secondo i gusti delle famiglie proprietarie e solo più tardi per omogeneità tutto divenne ricoperto di velluti rossi e oro, nell’800».