Eugenia Tognotti, La Stampa 1/12/2004, pag. 26., 1 dicembre 2004
[Epidemie influenzali] Data come una curiosità e con gran risalto anche dal New York Times, la notizia della profilassi antinfluenzale nelle chiese non racconta nulla di nuovo
[Epidemie influenzali] Data come una curiosità e con gran risalto anche dal New York Times, la notizia della profilassi antinfluenzale nelle chiese non racconta nulla di nuovo. In molte città italiane, verso la metà d’ottobre del 1918, mentre infuriava la più spietata delle epidemie d’influenza della storia, i vescovi emanarono delle circolari con minuziose istruzioni igieniche per la disinfezione di paramenti e oggetti sacri; raccomandando anche che le panche fossero a debita distanza l’uno dall’altra, per evitare pericolosi contatti con i «germi» diffusi nell’aria da possibili fedeli «untori». Speciale attenzione doveva essere dedicata all’acqua benedetta e ai confessionali, ritenuti, data la loro funzione, particolarmente rischiosi. Il rituale dello scambio del segno di pace non era allora contemplato nella liturgia. Restava però quella sociale. Dalle colonne del Popolo d’Italia Benito Mussolini tuonava: «S’impedisca la sudicia abitudine di stringere la mano, e la pandemia scomparirà nel corso di una notte». Tutti i catechismi igienici del tempo mettevano in guardia dai rituali più consolidati dello scambio affettivo, l’abbraccio, il bacio, la stretta di mano.