Varie, 1 dicembre 2004
ZANONE
ZANONE Valerio Torino 22 gennaio 1936. Politico. Ex segretario del Pli, poi Pd, del 2010 nell’Api di Francesco Rutelli. Eletto alla Camera nel 1976, 1979, 1983, 1987, 1992 (Pli), al Senato nel 2006 (Margherita). Ex sindaco di Torino. Laureato in estetica con Luigi Pareyson nell’università di Torino, ministro in quattro governi • «[...] è sì un liberale, ma un liberale italiano - e per di più piemontese - il che, nella scala di valori della sinistra italiana, toglie un bel po’ del valore aulico che viene dato al termine . [...] I più anziani ricordano Zanone in una lontana tribuna politica [...] all’indomani delle elezioni politiche del ”76, ringraziare con voce commossa: quelle ”poche centinaia di elettori torinesi” che gli hanno fatto raggiungere il quorum che aveva salvato il Pli - ai suoi minimi storici - da una prematura scomparsa. Zanone era segretario dei liberali da pochi mesi e il suo rapporto con gli elettori torinesi sarà una luce guida nella propria attività politica, assieme al netto rifiuto di alleanze con il Pci. Il recupero di peso politico ed elettorale, che la sua segreteria produce dopo il ”76 all’esausto Partito liberale, ha il suo punto di forza proprio nella netta opposizione all’incont ro tra la Dc e il Pci. Il Pli di Zanone si schiera contro il governo di unità nazionale a cui aveva lavorato Aldo Moro (rapito dalle Br proprio il giorno in cui la Camera doveva votare la fiducia al governo Andreotti) . Un’opposizione contro la strategia del compromesso storico, contro l’incontro tra due grandi partiti di massa e il conseguente soffocamento dei piccoli partiti laici, la ricerca puntigliosa dell’allargamento dello spazio per il centro. Questa operazione fa sì che le - pessime - riforme di quegli anni abbiano il voto negativo del piccolo Pli, in primis la riforma della sanità che il partito di Zanone avversa tenacemente sin dal suo nascere e con piena ragione. Breve, brevissima la stagione delle seduzioni per l’area del Lib-Lab, sul finire degli anni Settanta. La sirena del nuovo Psi ammalia anche Zanone - i maligni sostengono che si trasferisce al Raphael per vivere più vicino, troppo vicino, le suggestioni di Craxi - ma non è un percorso di respiro. Nell’83, all’indomani dell’arresto di Enzo Tortora accusato da un manipolo di falsi pentiti di essere a capo della camorra, Zanone si trova invece in piena sintonia con lo spirito e la cultura della sinistra italiana. Tortora era da molti anni un fedele iscritto al Partito liberale, cui non aveva fatto mancare il proprio appoggio anche nelle campagne elettorali, ma Zanone, pregno com’è di sabaudo spirito d’ordine, non ha esitazioni nel sostenere la necessità dell’immediata espulsione dal partito dell’inquisito. Sempre pensando ai suoi elettori torinesi e alla comuni radici risorgimentali tanto sentite nella città della Mole, Zanone ha l’idea di organizzare per le elezioni dell’84 un’alleanza elettorale con il Pri. un esperimento ardito che ha dimostrato che in politica uno più uno fa... uno. I voti dei due partiti non si sommano per nulla, il risultato è misero e Zanone, da lì a pochi mesi, viene detronizzato da Alfredo Biondi che resta alla guida dei liberali sino a quando non viene a sua volta detronizzato, in un ben poco compassato congresso a Genova, dal torinese Renato Altissimo. Di nuovo in rotta di collisione con la sinistra, Zanone si trova durante tutta la propria gestione del dicastero della Difesa tra l’87 e l’89. Sono anni in cui il mistero dell’aereo esploso in volo sopra il cielo di Ustica occupa le prime pagine dei giornali. Si sono finalmente trovati i fondi per recuperare i resti dell’aereo e i risultati delle perizie indicano la strada del missile aria-aria quale causa della tragedia. In contemporanea viene puntato l’indice sulle responsabilità dello Stato maggiore dell’aeronautica militare. Tracciati radar scomparsi, il funzionamento distratto dei centri di controllo del volo ... Zanone, ministro della Difesa, è inflessibile nel difendere sabaudianamente la linea: i generali non si toccano. I quotidiani titolano: ”Zanone, altolà al ”massacro’ dei militari”. Stefano Rodotà, allora presidente del gruppo della Sinistra indipendente, nel 1989 non ha dubbi: ”La maggiore responsabilità politica delle menzogne sinora propinate sulla strage di Ustica, spetta indubbiamente al ministro della Difesa Zanone. Io sono certo che è impossibile che comportamenti tanto gravi e devianti dei vertici militari dell’aeronautica siano stati messi in atto senza una qualche copertura politica. E tra i politici responsabili al primo posto c’è Valerio Zanone”. Attaccato da sinistra, il ministro della Difesa viene incalzato nel suo stesso partito (il liberale De Luca lo invita a togliere ”la menzogna di Stato” sulla strage) e affronta un durissimo Consiglio dei ministri, in cui il repubblicano Adolfo Battaglia è sferzante nel chiedergli, finalmente, un’assunzione di responsabilità diretta: ”Valerio, tu non puoi d i re: ”Così mi dicono i militari’. La responsabilità politica è autonoma e appartiene al ministro!”. Passano tre anni e Valerio Zanone finisce sulle prime pagine dei giornali, attaccato con veemenza dalla sinistra perché, nonostante gli impegni presi, decide di abbandonare la poltrona di sindaco di Torino per presentarsi in libertà quale candidato alle imminenti elezioni politiche dell’aprile del ”92. Molti tuonano contro ”l’irresponsabilità” dell’uomo che antepone la propria carriera politica alle esigenze di stabilità per un governo cittadino torinese in preda alle convulsioni e che aveva trovato proprio in Zanone un proprio punto di equilibrio. Fatto sta che Zanone si presenta, viene eletto ed ha anche la soddisfazione di superare in preferenze Renato Altissimo, anche lui torinese e per di più segretario del Pli. Dopo il repentino abbandono, le convulsioni della giunta torinese continuano fino a quando la città non viene affidata alle cure del commissario prefettizio, nella persona del prefetto Riccardo Malpica, di cui Oscar Luigi Scalfaro ha grande stima e che ha ricevuto dal colle più alto i più sentiti auguri al momento della nomina (a scandalo Sisde già scoppiato, poi affossato e in procinto di riscoppiare di nuovo). In questa breve legislatura anche il Pli di Altissimo salta sulle mine di Tangentopoli e nella diaspora liberale Zanone, che non ha mai saputo costruire una propria squadra, si trova praticamente solo con la sua Unione Democratica. Unico compagno Raffaello Morelli, da sempre della sinistra del Pa rtito liberale. Tenta anche lui la carta del Patto Segni, per marcare l’inesausta ricerca del Sacro Graal del centro. un fallimento, e neanche i fedeli elettori torinesi riequilibrano la sconfitta della lista: Zanone non viene eletto. Con dispetto gli tocca registrare, invece, il successo dei liberali superstiti che si erano alleati al centrodestra: tutti eletti (Raffaele Costa, Alfredo Biondi e Stefano De Luca). Ed ecco allora che Zanone e la sua Ud fanno il grande salto, entrano nell’Ulivo, si alleano con la sinistra. Pensano, con Antonio Maccanico e Giorgio La Malfa, che la loro scelta verrà premiata e che il Pds e il Ppi abbiano interesse a valorizzare il loro apporto per conquistare il centro del corpo elettorale. Sbagliano. [...]» (’Il Foglio” 5/4/1996).