Varie, 29 novembre 2004
TRUSSARDI Beatrice
TRUSSARDI Beatrice Milano 22 novembre 1971 • «Due telefonate, due incidenti stradali e la sua vita è cambiata, per due volte in tre anni. [...] La sua è stata una famiglia da cover story: genitori giovani, belli, ricchi, uniti, quattro figli che Nicola Trussardi, padre orgoglioso e imprenditore sveglio, usava come testimonial nelle campagne pubblicitarie della casa. La prima volta, la prima telefonata, è arrivata mentre lei viveva a New York. Aveva 28 anni ed era l’aprile del 1999: “Mi hanno chiamato: ‘Papà ha avuto un incidente gravissimo’. Sono partita col primo aereo e ho fatto in tempo a vederlo vivo, anche se non parlava più”. La seconda volta, il telefono ha squillato di notte, gennaio 2003. “È stato mio fratello Tomaso, il più piccolo, ad avvisarmi: ‘Francesco ha avuto un incidente’. Non volevo e non potevo crederci: Francesco non era soltanto il fratello che mi era più vicino per età. Dopo la morte di papà era diventato il mio sostegno, in azienda ci eravamo divisi i compiti, ci aiutavamo”. Quella notte, ancora stordita per il nuovo lancinante dolore, Beatrice ha dovuto assumere una decisione di cui nessun altro, ormai, poteva farsi carico: “È toccato a me avvertire mia madre. Ero la primogenita, dovevo farlo io. Dopo, niente è stato come prima e niente lo sarà. Mia madre è una donna molto forte, è presidente della holding finanziaria, ha sempre lavorato accanto a mio padre, ma non so cosa sarebbe stato della sua vita se non avesse ancora noi, gli altri suoi tre figli”. [...] “studiavo storia dell’arte contemporanea alla New York University. Dopo la laurea, ho seguito un master in business administration, sempre nel campo dell’arte, e intanto lavoravo nei musei, al Metropolitan, al Guggenheim. In Italia avevo cominciato architettura, ma allora non c’era la possibilità di seguire il filone arte e business, così me ne sono andata a New York. Mi sono arrangiata. Ho visitato varie università, fatto le mie valutazioni, scelto la New York University. È stata una gran scuola di vita, mi ha insegnato che cosa significhi l’efficienza nel lavoro, mi ha costretto a vincere la timidezza: negli Stati Uniti se non sgomiti nessuno si accorge che esisti [...] La mia laurea. Negli Stati Uniti quel giorno è una cerimonia molto festosa e mio padre, che è sempre stato un appassionato di fotografia, realizzò un bellissimo servizio fotografico. È diventato un libretto di famiglia” [...]» (“Corriere della Sera” 29/11/2004).