Varie, 29 novembre 2004
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Ledeen Michael
• Arthur Los Angeles (Stati Uniti) 1 agosto 1941. Politologo. Ascoltato consigliere della Casa Bianca dai tempi di Ronald Reagan, è tra i sostenitori più vigorosi della politica del regime change in medio oriente. Profondo conoscitore del fenomeno fascista in Italia, su cui ha scritto numerosi saggi, si è specializzato nei temi della politica estera e della sicurezza. Nel 1979, prima della rivoluzione islamica, Ledeen fu uno tra i primi analisti occidentali a riconoscere la naturale essenza ”fascista” del grande ayatollah Khomeini. Prima di diventare in America la voce dei dissidenti iraniani, lo è stato di quelli dell’Unione sovietica • «Nella sua autobiografia figura un presente da ”ricercatore permanente in politica estera ed intelligence” dell’American Enterprise Institute di Washington, il think-tank della riflessione ”neoconservative”. Ha amici importanti nell’Amministrazione Bush: il vicepresidente Dick Cheney; il ”principe delle tenebre” Richard Perle; il sottosegretario alla Difesa Paul Wolfowitz; il direttore dell’Office of Special Plans del Pentagono Douglas Feith; il capo dello staff di Cheney, Lewis ”Scooter” Libby. Ledeen è un falco che non fa mistero di esserlo. Firma il manifesto che battezza la dottrina neocon, partecipa alla costruzione del ”caso Iraq”, sostiene Ahmed Chalabi e il suo ”Iraqi National Congress”. Lavora al rovesciamento dei mullah iraniani, dei baathisti di Damasco. Ha un rapporto diretto con la destra israeliana, con i think-tank americani che la esprimono (su tutti il Jewish Institute for National and Security Affairs). Fa ingresso nella politica che conta con Ronald Reagan, quando è prima ”special advisor” del Segretario di Stato Alexander Haig (1981-1982), quindi consulente di Robert Mac Farlane, il National Security Advisor del Presidente. una ribalta importante, che Michael Ledeen si guadagna in Italia nella seconda metà degli anni ”70. Arriva a Roma come ricercatore di storia. Perché è in storia che si è laureato all’università del Wisconsin ed è una cattedra in storia che, nel 1972, gli è stata negata dall’Università di Saint Louis per sospetto plagio intellettuale. Coltiva la passione per Machiavelli, ma è affascinato dal Ventennio. Firma la celebre ”intervista sul fascismo” a Renzo De Felice. Lo chiamano ”professore”. Fa anche dell’altro. Durante il sequestro Moro (1978) è nell’unità di crisi raccolta al Viminale da Francesco Cossiga. Collabora con il Sismi piduista di Giuseppe Santovito e qui costruisce, insieme a Francesco Pazienza, il falso scoop che, nell’autunno ”80, travolge Billy Carter e costa la rielezione a Presidente del fratello Jimmy (Ledeen accusa Billy Carter di ”intelligenza” con Gheddafi, riferendo di incontri e denaro versato per ammorbidire le relazioni tra i due Paesi). Nel suo libro (Mission: Italy - Mondadori ed.), Richard Gardner, allora ambasciatore a Roma, lo profila come ”agente di influenza”. Forse per conto dell’allora capo della stazione Cia di Roma, Duane Clarridge, che sarà ”figura di primo piano nella cospirazione Iran-Contras, dove verrà incriminato per falsa testimonianza al Congresso”. Ledeen è sempre dove ”le cose” accadono. Nella notte di Sigonella, è alla Casa Bianca dove, al telefono, traduce le parole di Bettino Craxi a Reagan. a Roma, nel 1985, quando i palestinesi di Abu Nidal assaltano i banchi El-Al di Fiumicino (la notizia gli viene anticipata dal suo amico Manucher Ghorbanifar, trafficante d’armi poi coinvolto nello scandalo Iran-Contra. Proprio come l’altro ”amico” Duane Clarridge). in Uruguay per mettere le mani sull’archivio di Licio Gelli. a Grenada (1983), incaricato di rovistare negli archivi del regime marxista per giustificare a posteriori ”le ragioni dell’invasione”. ” - disse Federico Umberto D’Amato, lo scomparso ex capo dell’Ufficio affari riservati del Viminale - l’uomo di collegamento tra la politica italiana e il nuovo gruppo di potere di Washington” Nella seconda metà degli anni ”80, il generale Fulvio Martini, nuovo direttore del Sismi, lo dichiara ”persona non grata”, accusandolo di aver defraudato il servizio di 100 mila dollari per consulenze fantasma. Riappare con il ritorno del Great Old Party alla Casa Bianca. Nel 2001, sul ”Wall Street journal”, saluta come ”epica” la vittoria di Berlusconi. Quindi, apre i saloni dell’American Enterprise Institute al vicepremier Gianfranco Fini in visita a Washington e ne accredita la trasformazione in ”statista” (’Abbiamo fatto lo stesso con Prodi”, dice). Torna in Italia, ospite in tv e convegni di lustro, come quello che il Senato di Marcello Pera organizza a Lucca sulle ”relazioni transatlantiche”. L’Amico Americano è di nuovo ospite gradito» (c. b. e g. dav., ”la Repubblica” 28/11/2004).