29 novembre 2004
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Giannattasio Pietro
• Nato a Civitella del Tronto (Teramo) il 20 maggio 1931, morto a Roma il 27 novembre 2004. Generale. «Aveva compiuto una brillante carrier che lo aveva, fra le altre cose, portato nel 1983 al comando del contingente di pace italiano in Libano. Aveva lasciato l’esercito nel 1991 quando si dimise dalla presidenza del Consiglio supremo delle Forze armate in polemica con l’allora ministro della Difesa Virginio Rognoni. Disse allora che si sarebbe dedicato alla sua grande passione: il polo. Aveva infatti girato il mondo come capitano della nazionale italiana. Invece venne attratto dalla politica e si candidò nel 1992, senza essere eletto con il Pri. Ma Carlo Azeglio Ciampi lo nominò consigliere militare della presidenza del Consiglio. Un incaricò che mantenne anche nei governi Berlusconi e Dini. Nel 1996 è stato eletto deputato nelle file di Forza Italia ed ebbe momenti di notorietà quando organizzò la prima grande manifestazione di piazza del centrodestra. Negli anni successivi aveva guidato anche la commissione di inchiesta sulla strage del Cermis e ha curato per conto del ministro Martino il Libro bianco sulla difesa. [...]» (’la Repubblica” 28/11/2004). «Giannattasio, che pure ebbe una lunga e intensa carriera militare (ebbe che fare con la missione militare in Libano), resterà famoso per aver comandato delle truppe anomale: fu il regista della prima manifestazione di massa di Forza Italia, con torpedoni al posto dei carri armati e signore ingioiellate anziché soldati. Ma la strategia non cambiò. Doveva conquistare la piazza e lui lo fece. Un caratteraccio, quello del generale. Era stato capo di gabinetto con i ministri Spadolini e Zanone. A un certo punto finì al Consiglio superiore di Difesa, di cui era il segretario generale, un posto di altissima responsabilità ma più che altro onorifico. E lui sbatté la porta ”perché non siamo stati consultati nell’elaborare la riforma delle forze armate”. Era il lontano 1991, Virginio Rognoni reggeva il ministero della Difesa, Giulio Andreotti era presidente del Consiglio. [...] Certe questioni non venivano mai allo scoperto. Il generale Giannattasio invece protestò pubblicamente perché i tecnici con le stellette, in èra di Prima Repubblica, secondo lui non venivano considerati. A suo modo fu un piccolo strappo nelle consuetudini del potere. Il ministro gli rispose con un’intervista davvero dura: ”Ciascuno al suo posto, è in gioco la democrazia”. Tempo qualche anno e Giannattasio aveva già cambiato ruolo. Nel 1994, Berlusconi lo trovò e l’apprezzò a Palazzo Chigi come suo consigliere militare. Lui diede presto l’addio alle stellette. Nel 1996 fu eletto in Parlamento e si occupò di questioni militari. In quel periodo fu anche presidente dell’Associazione nazionale Arma di Cavalleria. Berlusconi, intanto, aveva imparato a conoscere anche le sue capacità ”militari”. Giannattasio era in grado di smuovere una divisione di cavalleria, figuriamoci centomila militanti di partito. Venne dunque chiamato ad organizzare la manifestazione conclusiva del congresso di Forza Italia che si tenne ad Assago nel 1998. Mise in fila cinque treni speciali, un migliaio di pullman, innumerevoli automobili private. Ma era solo un assaggio. Il clou venne a piazza del Popolo, nel novembre del 2001, quando organizzò il cosiddetto ”Usa Day”. Portò in piazza gente che mai avrebbe solo immaginato di manifestare. Tutto pianificato meticolosamente in uno ”stato maggiore” organizzato per l’occasione. Meticoloso anzi è dire poco, come dimostrò, calcoli alla mano, quando si trattò di discutere del numero di partecipanti. ”Se dico settantamila non è così, ma in base a calcoli precisi. La piazza, all’interno dell’emiciclo, misura 19 mila metri quadri. Considerato che in un metro quadro ci stanno, comodamente, due persone... Lo sanno tutti: un adulto, né grasso né magro, occupa 40 per 60 centimetri. Dunque, poiché la piazza era piena, c’erano minimo 38 mila persone. Ma in una manifestazione si sta pigiati, quindi molti di più”. Ultimamente era diventato l’ombra del ministro Martino. Si dedicò alla stesura di un Libro Bianco delle forze armate che fece arrabbiare non poco l’establishment militare. Invitava a razionalizzare le spese usando la scure. ”Sarà necessario rivedere l’attuale architettura, eliminare tutte quelle strutture intermedie tra il vertice e la base a vantaggio delle forze operative”. Le strutture intermedie la presero malissimo» (’La Stampa” 28/11/2004).