Varie, 26 novembre 2004
DEGIOVANNI
DEGIOVANNI Virgilio Milano 8 luglio 1965. Imprenditore. Ex presidente di Freedomland (una scatolina che doveva permettere di navigare su Internet utilizzando la normale televisione). Nel 1991 lanciò il mensile di economia e impresa ”Millionaire”. Quattro anni dopo nacque il ”Millionaire Network”, un sistema di vendita basato sul marketing multilivello (una Catena di Sant’Antonio scientificamente organizzata). Tipico esponente della New Economy, costruì in breve tempo un impero virtuale stimato in miliardi di euro per poi finire sotto processo (condannato) nelle aule dei tribunali • «Avevo 16 anni, e stavo finendo il liceo a Philadelphia. Ero stato invitato da amici della famiglia in cui vivevo a una festa di Malcolm Forbes a New York, un appartamento extragalattico con piscina all’ultimo piano di un grattacielo. Io gli dissi: ”Sa, il mio sogno è di fare un’impresa più grande della sua”, con tono anche un po’ arrogantello. Lui mi ha dato una pacca sulla spalla e mi ha detto: ”Ah sì? Bravo. E che cosa stai facendo adesso?”.Non aggiunse altro. E lì capii: se vuoi sognare impara anche a fare. Adesso. E per me è stata una grande lezione» (Tommaso Pellizzari, ”Sette” n. 7/1999) • «Degio è tornato [...] la stessa energia con cui riempiva i Palasport per convincere la gente - ”duemila persone alla volta” - a pagare per entrare nella sua rete di vendita. Nonostante la bolla (esplosa) di Freedomland, le accuse di aver truffato migliaia di persone, il processo e la condanna ”a dieci mesi, per falso in prospetto. Non per truffa, non per furto: e invece mi han detto ladro e truffatore. Ho restituito 35 milioni di euro”. tornato, nonostante un incidente in motocicletta che nell’agosto 2001 lo ha tenuto tra la vita e la morte per settimane. [...] per aprire un enorme supermercato elettronico con una formula curiosa, Digistore. ”Si chiama franchising digitale: diecimila punti vendita online, 15mila prodotti dai televisori al macinacaffè alle camere d’albergo, tutto a prezzi stracciati”. C’è un pizzico del vecchio Degio: chiunque può aprire la sua ”filiale” (una pagina internet personalizzata), avrà una provvigione sugli ordini partiti di lì. [...] Freedomland, la scatola delle meraviglie, doveva portare internet sulla tv. ”Era il 1998: oggi quanto varrebbe l’azienda? 15 miliardi”. Degio preparò i contenuti elettronici insieme con due amici, poi si presentò nel solito Palasport. Vendeva il decoder e costruiva la rete di vendita pescando tra il pubblico. Gli argomenti: investi una cifra, poi cerchi qualcun altro disposto a farlo. E guadagni due volte. ”Ecco l’errore: i soldi. Fare soldi e soldi e ancora”. Sembra la storia di zio Paperone: ”Il mio primo giornale si chiamava Borsasette. Ci ho investito 27 milioni di lire con due amici. Pochi mesi dopo mi hanno pagato un miliardo il 51% della società”. Il secondo, Borsa & Finanza, e quella volta Degio investì 100 milioni: ”L’ho venduto per 8 miliardi”. Non male, per uno nato in una famiglia normale: ”Volevo sposarmi, non avevo una lira”. Sul finire degli anni ”80 il grande pubblico non si interessava di Borsa. Degiovanni, diplomato negli Stati Uniti, aveva lavorato come analista alla Comart di New York: capì che quel mondo in cui il denaro si moltiplica sul filo del secondo e dell’intuizione era il suo. In Italia, dopo gli esordi nell’editoria, l’inarrestabile Virgilio comincia a reclutare venditori. ”Impressionava pure me che salivo sul palco, ma se parli col cuore la gente ti crede. Vendevo i primi contratti Infostrada, quota di ingresso nella rete 180 mila lire. Sapendo che tra migliaia di persone si annidano sempre venditori veri, inventai la quota da 9 milioni e 900mila lire: chi sa lavorare ha bisogno di collaboratori e di merce in quantità. Dicevo: cominciate con 180, arrotondate lo stipendio, lasciate perdere il 9 e 9. Chi non vende non guadagnerà una lira. Ma tutti facevano i matti per avere le quote da 9 milioni. Subito”. Certo il numero uno guadagnava tanto. ”C’è l’impiegato e l’amministratore delegato. Ognuno incassa per quanto ci mette del suo: io la rete l’avevo inventata”. In pochi mesi Freedomland cresce, fino alla quotazione: ”Nel pool di banche che ci hanno portato alla Borsa c’erano Leonardo, Commerz- Bank, Hsbc, e Cazenove. Mica dilettanti. I presupposti li avevamo”. Erano gli anni in cui il mercato impazziva per l’elettronica: l’azienda arriva a un valore di tremila miliardi, ma dentro c’erano solo Degio e la sua rete di venditori. ”Ci hanno impallinato perché facevamo paura, avevo tecnologie che i big manco se le sognavano. Nel prospetto per la quotazione scrissi che avrei regalato azioni a chi raggiungeva determinati risultati. Consob approvò il prospetto, più tardi i magistrati mi dissero che avrei dovuto fare un altro prospetto per le azioni-regalo”. Così si arriva al sequestro e l’azienda si disfa. [...]» (Marco Sodano, ”La Stampa” 17/9/2005).