Varie, 23 novembre 2004
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Harrer Heinrich
• Hüttenberg (Austria) 6 luglio 1912, Friesach (Austria) 7 gennaio 2006. Alpinista. «L’alpinista biondo venuto da lontano che per un gioco del destino, mentre il mondo si ditruggeva nell’Olocausto della Seconda Guerra Mondiale, si trovò ad attraversare le porte proibite del Tibet e che per sette anni, fino al 1951, visse alla corte dell’ultimo Buddha vivente del Paese delle Nevi [...]» (Massimo Cappon, ”Sette” n. 49/1998). «[...] conquistò la fama nel 1938 con l’impresa dell’Eiger; poi con la fuga dalla prigionia inglese e i suoi anni in Tibet. conosciuto per aver scritto Sette anni in Tibet, dal quale il regista francese Jean Jacques Annaud trasse un film nel ’97 interpretato da Brad Pitt. [...] Alla fine degli anni ’90 confermò d’esser stato membro del partito nazista e delle SS, col grado d’ufficiale. S’era però detto d’avere ”la coscienza pulita”: l’attività nell’organizzazione nazista s’era limitata alla preparazione d’una spedizione sul Nanga Parbat (8.114 metri) nel Kashmir nel ’39. Al ritorno Harrer e compagni erano stati arrestati dagli inglesi, pochi giorni dopo lo scoppio della II guerra mondiale. Dopo l’evasione, percorse a piedi più di 2.000 chilometri attraverso l’Himalaya, per raggiungere la ”città proibita” di Lhassa, capitale del Tibet allora indipendente; vi rimarrà fino al ’51 divenendo amico del giovane Dalai Lama» (’la Repubblica” 8/1/2006). «[...] Nel 1933 aderì clandestinamente alle SA naziste, proibite in Austria. Partecipò ai giochi olimpici, studiò geografia all’università di Graz. Nel 1938, immediatamente dopo l’Anschluss, entrò nelle SS, quattro mesi dopo l’annessione dell’Austria al reich hitleriano, con una cordata mista tedesca e austriaca, sconfisse per primo la parete nord dell’Eiger. L’impresa meritava una frase storica. Harrer la pronunciò: ”Abbiamo scalato questa parete per arrivare fino al nostro Führer”. Führer e seguaci gradirono. Come premio di fedeltà Harrer fu incluso l’anno seguente nella spedizione organizzata dai tedeschi in Kashmir per conquistare il Nanga Parat. L’impresa fallì, scoppiò la guerra, i tedeschi furono arrestati a Carachi e internati in un campo ai piedi dell’Himalaya. Fuggire era un obbligo d’onore. Harrer fuggì con un compagno. I due uomini scavalcarono l’Himalaya, attraversarono travestiti il Tibet, riuscirono a penetrare a Lhasa. La spedizione Schäfer aveva lasciato nelle capitale tibetana un buon ricordo dei tedeschi. Harrer riuscì a conquistarsi la stima e l’amicizia del giovane Dalai Lama. Fu l’occupazione del Tibet da parte dei comunisti cinesi a costringere Harrer a mettersi di nuovo in cammino. Ritornò in Europa, raccontò le sue avventure in un libro intitolato Sette anni in Tibet. Omise di ricordare il suo passato nazista. Il libro ebbe successo. Harrer divenne celebre. Poté riprendere la sua attività di alpinista e di esploratore. Anni dopo dal libro fu ricavato un film, interpretato da Brad Pitt. La grande esposizione non giovò a Harrer. Un giornalista austriaco andò a spulciare negli archivi del Reich conservati a Washington. Trovò documenti sul passato nazista di Harrer. Harrer non negò di essersi iscritto per opportunismo al partito nazionalsocialista, negò però di essere entrato spontaneamente nelle Sa. [...]» (’Il Foglio” 28/1/2006).