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 2004  novembre 22 Lunedì calendario

L’ora zero delle radio libere italiane scoccò alle 11 del 23 novembre di trent’anni fa, quando i bolognesi captarono un segnale sconosciuto sulla banda della modulazione di frequenza: si chiamava «Radio Bologna per l’accesso pubblico» e trasmetteva da una roulotte parcheggiata nel campo di un contadino sul colle dell’Osservanza, in posizione strategica sulla città

L’ora zero delle radio libere italiane scoccò alle 11 del 23 novembre di trent’anni fa, quando i bolognesi captarono un segnale sconosciuto sulla banda della modulazione di frequenza: si chiamava «Radio Bologna per l’accesso pubblico» e trasmetteva da una roulotte parcheggiata nel campo di un contadino sul colle dell’Osservanza, in posizione strategica sulla città. L’attrezzatura era spartana: un trasmettitore rimediato da un radioamatore, un mixer artigianale e un’antenna montata su un manico di scopa. Ma funzionava perfettamente allo scopo, perché nel vuoto dell’etere di allora la voce di «Radio Bologna» riusciva a farsi sentire nel raggio di 50 chilometri, coprendo un bacino di 700 mila ascoltatori. I pionieri dell’emittenza erano un gruppo di una decina di persone, riunito intorno al regista Roberto Faenza e a Rino Maenza, che avevano fondato la cooperativa «Lavoratori dell’informazione». Sulle frequenze di «Radio Bologna» cominciarono a mandare in onda servizi secondo uno stile che certo non si usava in casa Rai, detentrice del monopolio assoluto: le voci degli operai della Weber, interventi dei cittadini dai quartieri, reportage sulle conseguenze della crisi economica tra le famiglie, oltre a dibattiti sul traffico con dichiarazioni in diretta di automobilisti e tassisti.