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 2004  novembre 22 Lunedì calendario

FAGONE Orazio.

FAGONE Orazio. Nato a Catania il 13 novembre 1968. Nello short track è stato primatista mondiale nei 500 metri, terzo nei 1500 ai Giochi di Calgary ’88, oro a Lillehammer ’94 nella staffetta. Ha vinto anche tre medaglie iridate. «’ una bella giornata di maggio, il 29 maggio 1997. Esco in moto per andare ad allenarmi. Dietro la curva trovo un camion militare, contromano. Succede tutto in un secondo, ma faccio in tempo a pensare. A destra non ci passo, mi dico, a sinistra nemmeno. Mi infilo sotto con la moto, e lui mi passa sopra. Letteralmente. Nonostante il dolore resto lucido, cosciente. Ho male dentro, non fuori. Vedo le mie gambe aperte, con una mano reggo i muscoli spappolati. Capisco subito: carriera finita, addio short track, chissà se tornerò mai a camminare. Col telefonino chiamo il dirigente federale a Aosta. Arrivano i soccorsi e io urlo: lasciatemi morire!”. L’hanno ripreso per i capelli, ha passato un anno in ospedale e poi ha scelto - sì, ha scelto - di rimettersi in piedi. [...] la gamba sinistra totalmente rigida (’La fisioterapia ormai è inutile”), la destra, amputata, con una protesi (’Quello è il problema minore...”) [...] Niente è stato ordinario nei primi 36 anni di Orazio, emigrato a 6 mesi a Torino per seguire il padre operaio della Fiat, a 14 anni già nella nazionale italiana di short track, il pattinaggio veloce su pista corta specialità olimpica da Albertville ’92: ”Avevo cominciato con le rotelle, ma il ghiaccio offriva di più: più trasferte, tutte spesate, più gare, più opportunità di guadagno”. Orazio è un talento irrequieto e precoce, con una sensibilità spiccata. Un maestro nel trovare il giusto filo alla lama: ”Curvatura e inclinatura possono decidere una gara. I millimetri fanno la differenza. Atleta e pattino devono essere una cosa sola. I dettagli sono fondamentali: scendi sul ghiaccio, giri e limi, scendi sul ghiaccio, giri e limi. Così, finché la lama diventa la pianta del tuo piede...”. Alla fine degli anni Ottanta lo short track non è ancora il videogioco di Apolo Anton Ohno, uomo-copertina ai Giochi di Salt Lake City 2002 (”Quando correvo io, lui era un ragazzino promettente”). uno sport in via di sviluppo per temerari bravi a correre sul filo del rasoio. Ecco, forse è proprio allora che Orazio ha imparato a trovare l’equilibrio. Un passo di più, è quello di troppo. ”Molte volte sono stato lì lì per... Come nel ’98. Entro in ospedale per togliere un chiodo nella gamba e intanto ricoverano la mia ex compagna con le doglie. L’operazione si complica, problemi di drenaggio, mi sveglio in un lago di sangue. Sto per andarmene di nuovo ma poi, in anticipo, nasce Aaron: lui mi ha tenuto qui”. [...] La chiamano ”la maledizione dello short track”. [...] Mariarosa Candido e Lori Vecelio, due giovani talenti dello short track, morte sotto un tronco d’albero caduto da un camion durante la preparazione per l’Olimpiade ’94. ”Infatti la festa per l’oro di Lillehammer fu una festa triste. La squadra, compatta, dedicò il trionfo alle ragazze”. Il suicidio di Mario Mevio, medico della nazionale di pattinaggio velocità. La tragica scomparsa di un atleta juniores. L’incidente di moto di Fagone e quello, un mese dopo, che ha stroncato la carriera di Mirko Vuillermin, aostano, quarto frazionista della staffetta d’oro di Lillehammer. Orazio sospira: ”C’è qualcuno che ha fatto il vodoo allo short track”. Pensava ai Giochi di Nagano ’98 (’Avrei avuto 29 anni, sarei stato nel pieno della maturità agonistica”). Invece da un giorno all’altro ha dovuto inventarsi una buona ragione per continuare a vivere. [...] ”Ho imparato che la vita non fa sconti, che le mezze misure non esistono. L’esistenza va accettata senza selezionare: questo mi piace, quest’altro no... La mia vita è una lotta continua, ma grazie allo sport ho sempre saputo trovare la forza per andare avanti”. Si mantiene con la legge Onesti, la Bacchelli dello sport approvata nell’aprile 2003: ”15 mila euro all’anno, un vero dono del cielo”. A 36 anni è presto per fare bilanci, ma Orazio Fagone ha vissuto troppo intensamente per rimandarli. Ha fatto il c.t. della nazionale di short track. Ha lasciato un mese prima dell’Olimpiade 2002: ”In panchina soffrivo troppo. Ho ancora la testa da atleta, non da tecnico: senza incidente, Torino 2006 non me la toglieva nessuno”. Ci andrà. Paralimpiade, tra due anni. La nuova vita di Orazio è il curling, le bocce sottozero. ”Non c’è sforzo fisico ma ci sono strategia, adrenalina, tattica. Ai Giochi 2006 vorrei andare per vincere, non per partecipare. Sarebbe la chiusura di un cerchio”. Di ghiaccio» (Gaia Piccardi, ”Corriere della Sera” 22/11/2004).