Varie, 19 novembre 2004
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Zenawi Meles
• Adua (Etiopia) 8 maggio 1955. Politico. Premier etiope • «Il leader guerrigliero che nel 1991 spodestò il regime del colonnello Menghistu» (v. n., “la Repubblica” 19/11/2004) • «[…] non ha mai nascosto che gli sarebbe piaciuto intraprendere la carriera accademica se il destino non gli avesse riservato un ruolo di assoluto protagonista nella storia del Corno d’Africa. Artefice, dopo quasi un ventennio di potere, della rinascita economica del suo paese (82 milioni, otto etnie e oltre 140 tribù, in prevalenza cristiano-ortodossi) che cresce a ritmi cinesi (dal 7 all’11 per cento l’anno) anche se non ha ancora debellato la piaga della miseria. Negoziatore di difficili accordi di pace dopo il coinvolgimento nei principali conflitti dell’area: dal caos infinito della Somalia alle tensioni irrisolte con l’Eritrea. Da giovane Zenawi studiava medicina ad Addis Abeba ed era un fervente sostenitore del marxismo-leninismo. A metà degli anni Ottanta, diventato presidente del Fronte di Liberazione del Popolo del Tigray (la regione natale), condusse dalle sue montagne la lotta di liberazione per deporre il dittatore filosovietico Menghistu Hailé Mariam [...] Con la presa del potere (prima presidente, poi premier, la carica che più conta in Etiopia), si convertì alla socialdemocrazia e al federalismo etnico. Leader dell’Erpdf (Fronte rivoluzionario del popolo etiopico) ha sempre vinto le elezioni. Con margini netti, ma offuscati dalle accuse di brogli delle opposizioni. E questo nonostante la secessione dell’Eritrea (1993), la successiva guerra e gli scontri con il movimento separatista dell’Ogaden. Dopo il successo del 2005, gli scontri di piazza provocarono 200 morti e migliaia di arresti. La consultazione del maggio 2010 è stata preceduta da qualche disordine, ma non ci sono stati bagni di sangue. Il suo trionfo in tutte le regioni era annunciato. Sette anni di progresso economico e di sviluppo sociale, favoriti da un gigantesco piano di infrastrutture su cui hanno investito cospicui capitali i cinesi, lasciavano scarse speranze alla debole e frammentata opposizione. E nemmeno una gestione dei diritti umani piuttosto controversa (repressione del dissenso politico, limitazioni alle attività delle ong e alla libertà di stampa) poteva granché incidere in una realtà africana dove gli standard democratici sono ancora lontani da quelli occidentali. [...]» (Gianni Perrelli, “L’espresso” 8/7/2010).