Véronique Maurus, La Stampa 18/11/2004, pag. 29 (da Le Monde)., 18 novembre 2004
[La prima colonia francese in America] Vista dalla riva Nord, Sainte-Croix appare minuscola. Pochi metri quadrati di terra circondati da rocce e da abeti neri
[La prima colonia francese in America] Vista dalla riva Nord, Sainte-Croix appare minuscola. Pochi metri quadrati di terra circondati da rocce e da abeti neri. Un isolotto più che un’isola, all’imboccatura del fiume che porta lo stesso nome. Così piccolo, così desolato che viene da chiedersi: come diavolo hanno fatto degli uomini a scegliere un posto del genere per creare, 400 anni fa, il primo insediamento francese in America del Nord, anzi il primo in assoluto (con la sola eccezione della Florida spagnola) tre anni prima che sul continente arrivassero gli inglesi? Nel 1604 la prima neve cadde il 6 di ottobre sul villaggio dei coloni francesi. Il 3 dicembre la spiaggia era sparita, coperta (come il fiume) da blocchi di ghiaccio su cui si frangevano le onde dell’Oceano. Addio alla caccia, alla pesca, alla raccolta di molluschi. Perduti i legumi piantati durante l’estate. L’isola-rifugio divenne prigione. I francesi morirono a decine, di freddo e di soprattutto di scorbuto. Dei 79 uomini arrivati nell’autunno 1604, solo 34 sopravvissero fino alla primavera del 1605. Sainte-Croix è oggi un «luogo storico internazionale». Situata a cavallo della frontiera fra Canada e Stati Uniti, a 400 chilometri a Nord di Boston, l’isola è co-gestita dai servizi dei parchi nazionali dei due Paesi. Non la si visita, si può solo guardare da una riva o dall’altra. Per un francese è un luogo emozionante: senza abbandonarsi al vezzo della storia fatta coi «se», è difficile, stando qui, non fantasticare di una possibile America francese il cui destino sarebbe stato radicalmente diverso. Perché tutto si giocò qui, quattrocento anni fa. Questione di un capello. Qualche chilometro, qualche giorno, qualche grado in più o in meno, e la Nuova Francia avrebbe soppiantato la Nuova Inghilterra. I francesi erano stati i primi ed erano i meglio preparati a conquistare il continente nordamericano. Già prima che Francesco I inviasse Verrazzano a perlustrarne le coste nel 1524 e che Cartier esplorasse il San Lorenzo nel 1534, i pescatori di Saint-Malo, di Honfleur e della Rochelle e i piloti baschi di Bayonne erano arrivati da queste parti seguendo la rotta dei merluzzi. Anno dopo anno questi pescatori avevano stabilito legami con i pellerossa, e anche un piccolo commercio di «paccottiglia». Ma alla fine del XVI secolo una moda assurda cambiò tutto: gli elegantoni in Francia si incapricciarono dei cappelli di castoro. La specie era estinta in Europa, ma l’arrivo sul mercato delle pellicce canadesi lanciò la voga. I prezzi crebbero e il vecchio commercio di paccottiglia si trasformò in un lucroso affare internazionale che di per sé bastava a giustificare l’armamento di navi e la creazione di posti di approdo. La colonizzazione poteva ormai appoggiarsi su una base economica. Mancava ancora la volontà politica. Enrico IV era tentato, ma il ministro Sully si opponeva a tutte le avventure coloniali, sostenendo che il popolo francese non vi fosse adatto. Ma inglesi e olandesi si mostrano sempre più interessati al Nuovo Mondo e questo fece decidere Enrico IV, che nel 1603 si lasciò convincere da alcuni vecchi compagni d’arme, gentiluomini protestanti originari di Saintogne. All’età di 45 anni Pierre Dugua, signore di Mons, era un amabile testone, coraggioso e un po’ sognatore, un Cyrano dell’Atlantico. Entusiasmatosi per un primo viaggio oltreoceano compiuto per pura curiosità nel 1599, vendette i suoi beni e ipotecò la dote della ricca sposa per lanciarsi nell’avventura. Enrico IV gli conferì un monopolio di dieci anni sul commercio di pellicce canadesi; in contropartita, il nuovo «luogotenente generale» s’impegnò a fondare a sue spese una colonia di popolamento in Acadia (le attuali regioni costiere meridionali del Canada atlantico, ndr). L’operazione non sarebbe costata nulla allo Stato, tutti i rischi restando a carico del capitale privato. I rivali di Dugua gridarono allo scandalo, ma il 10 aprile 1604 due navi salparono da Honfleur con 200 uomini. Dugua aveva reclutato, oltre a marinai e soldati, una sessantina di artigiani fra carpentieri, tagliapietre, cuochi eccetera. Il primo veliero toccò le coste dell’attuale Nuova Scozia il 13 maggio. Settimane preziose furono perdute per aspettare l’arrivo della seconda nave. Nell’attesa, la spedizione cabotò nella baia di Fundy in cerca di un punto di approdo. Il 24 giugno Dugua optò per l’isola di Sainte-Croix. La scelta si rivelò malaccorta ma i coloni avevano delle giustificazioni. L’isola è alla stessa latitudine della Rochelle e questo lasciava sperare in un clima altrettanto temperato, inoltre era al sicuro dagli indigeni. Ma già all’inizio di settembre, poco dopo che le due navi erano ripartite per la Francia, i rigori del clima si fecero sentire in tutta la loro brutalità. Dugua fu colto da dubbi e inviò Champlain con un piccolo battello a esplorare le coste del Maine in cerca di una sistemazione migliore. Ma il tempo stringeva e il geografo, pressato dall’avanzare dell’inverno, ritornò rapidamente a Sainte-Croix. Il tragico esito lo abbiamo già raccontato. Nel giugno del 1605 quando i pochi superstiti vennero soccorsi furono tutti reimbarcati. A due riprese, in quell’anno e nel successivo, i francesi discesero la costa in cerca di «un porto appropriato e di un clima più gradevole». Arrivarono fino a Cape Cod e soggiornarono a Plymouth. I luoghi risultarono propizi ma a causa dell’ecatombe iniziale i francesi non erano più abbastanza numerosi. Facendo di necessità virtù, i coloni cooperarono con gli indigeni, tentarono di convertirli e ne sposarono alcune donne. Ma nel futuro Massachusetts i francesi si scontrarono con altre tribù. Una prima scaramuccia nel 1605 e una vera battaglia nel 1606 li obbligarono ad andarsene. Non provarono a spingersi più a Sud. Si stabilirono finalmente a Port Royal (futura Annapolis Royal), un magnifico sito adagiato sulle rive di un ampio porto naturale sulla costa occidentale della Nuova Scozia, che divenne la culla dell’Acadia. I coloni fanno tesoro dell’esperienza: le abitazioni stavolta vengono costruite a rettangolo attorno a un cortile e a un pozzo per meglio resistere al freddo. Vengono piantati grano e mele, vengono sigillate le fessure. In queste condizioni il secondo e il terzo inverno risultano meno tragici del primo, e la colonia si è quasi acclimatata quando gli olandesi arrembano e portano via due navi francesi cariche di pellicce. Il colpo è così duro che il monopolio di Dugua viene revocato, vittima di oscure cabale parigine. Nel settembre 1607, dopo quaranta mesi di esistenza, il primo insediamento francese in Nord America è liquidato e i coloni vengono riportati in patria. E proprio quando i francesi si reimbarcano con la morte nel cuore, alcuni inglesi prendono terra più a Sud, in Virginia, dove fondano una prospera colonia di coltivatori di tabacco a Jamestown: l’America anglofona è nata.