varie, 15 novembre 2004
Tags : Rula Jebreal
Jebreal Rula
• Haifa (Israele) 24 aprile 1973. Giornalista. Tv. De La 7. «[...] uno dei volti più noti de La7 [...] il direttore del Tg1 Clemente J. Mimun l’ha definita ”la telegiornalista più brava in servizio in una tv del nostro paese”. [...] Nata nel 1973 ad Haifa a nord di Gerusalemme, Rula è da parecchio nel nostro paese e la sua attività giornalistica iniziò al ”Resto del Carlino”. ”Ho cominciato occupandomi di immigrazione, malavita e racket della droga nel mondo degli extracomunitari - racconta - mi muovevo fra un blitz della polizia e l’altro. Raccontavo della tratta delle schiave bianche e nere e di tutto quello che riguardava gli extracomunitari. Parlando arabo mi era facile fare domande e i pezzi per il giornale venivano da soli. Di me si accorse allora l’inviato degli Esteri Lorenzo Bianchi che mi invitò a seguire il Medio Oriente. Da lì sono passata al ’Messaggero’”. Poi, partecipando a una puntata di Diario di guerra, come giornalista e militante del Movimento palestinese per la democrazia e la pace, viene notata dal direttore del Tg de La7 e ottiene un contratto di tre mesi per la rassegna della stampa araba. Alla tv di Telecom Italia Media Rula si fa largo in poco tempo conducendo impeccabilmente il tg. ”Fare televisione non è stato difficile - dice - Scrivere per la carta stampata è molto più impegnativo”. Dalle prime apparizioni televisive all’essere invitata da Gad Lerner a L’Infedele o da Giuliano Ferrara a Otto e mezzo il passo fu breve e la popolarità della Jebreal è aumentata. [...] ”Sono innamorata della politica estera - dice sicura - è una materia che mi piace da pazzi e spero che anche in futuro mi possa occupare di questo settore del giornalismo che trovo eccezionale sia per stimoli che per argomenti”. Qualcuno, su diversi giornali italiani, quando ha scritto di Rula non ha dimenticato di ricordarne l’avvenenza. ”In Italia - dice - la bellezza serve se vuoi fare la valletta ma nel caso del giornalismo è vero il contrario. Se sei carina devi farti un mazzo doppio di quello che si fanno i tuoi colleghi uomini. Devi dimostrare che non vai avanti per la ’faccia’. Non è facile”» (’La Stampa” 10/3/2005). «Rendiconta ogni giorno le cronache dal Medio Oriente, dove la violenza è routine e l’appuntamento con la pace tarda da un secolo. Eppure, con gli occhi della fantasia, la palestinese Jebreal vede una terra capace ancora di produrre storie d’amore, amicizia, solidarietà, una Gerusalemme liberata dal destino bellicoso, ”con le sue pietre ancora bianchissime nonostante fossero state imbrattate di sangue innumerevoli volte nel corso dei secoli”. [...]» (’La Stampa” 14/11/2004). «[...] Io fino a 20 anni ho vissuto a Gerusalemme [...] Israele è una cosa, l’ebraismo è un’altra cosa. L’Olocausto è uno dei crimini più atroci non solo contro gli ebrei: contro l’umanità. E va ricordato. Ma non tutti gli ebrei condividono quello che sta facendo Sharon. Io ho perso molti amici sotto l’occupazione israeliana, so quant’è feroce l’esercito. Io stessa sono rimasta ferita una volta, mi hanno sparato delle pallottole di gomma alle gambe, ero a una dimostrazione pacifista e autorizzata [...]papà era imam in una moschea, era un uomo quieto, così diverso da me, mi adorava; alla prima Intifada l’esercito arrestava chi teneva in casa i libri messi all’indice. Io ne avevo 3. Papà, terrorizzato, li nascose sotto un tombino. Quella volta non mi rimproverò [...] Sono arrivata in Italia per caso. Era l’unico paese, dove si studiava l’inglese, che [...] offriva una borsa di studio a una studentessa di Medicina. Voi avete a cuore quello che succede nel mondo, quello che non mi piace è il consumismo eccessivo, lo spreco. Ricordo lo shock quando vidi per la prima volta i cartelloni pubblicitari e le ballerine mezze nude in tv. Il giornalismo... Parlavo di Medioriente con un mio amico cronista, mi disse che dovevo scriverne, cominciai sul ”Resto del Carlino” [...] In Italia ti guardano le labbra, non ti ascoltano, la diffidenza cala quando si accorgono che conosco il mio mondo e parlo un linguaggio moderato. Le colleghe che ammiro? La sobrietà di Giovanna Botteri, la concretezza di Flavia Filippi e Cristiane Amanpour, un mito» (Valerio Cappelli, ”Corriere della Sera” 30/1/2005).