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 2004  novembre 08 Lunedì calendario

Anno I - Quarantatreesima settimanaDal 1° novembre all’8 novembre 2004Bush. Gli americani hanno confermato George W

Anno I - Quarantatreesima settimana
Dal 1° novembre all’8 novembre 2004

Bush. Gli americani hanno confermato George W. Bush alla Casa Bianca con 59 milioni di voti, tre milioni e mezzo più di Kerry, una quantità di consensi mai raccolti prima da nessun altro. Kerry ne ha avuti 55. In termini percentuali la sfida è finita 51 a 48, in termini di Grandi Elettori (quelli che materialmente eleggeranno Bush a gennaio) 274 a 252. Mercoledì mattina (3 novembre) non si sapeva ancora chi avrebbe vinto: in Ohio ballavano 150 mila voti provvisori e Bush aveva a quel punto ancora un vantaggio striminzito (254 grandi elettori a 252). Quando Kerry ha capito che non ce l’avrebbe fatta, ha telefonato al rivale per congratularsi e, due ore dopo, ha ammesso pubblicamente la sconfitta invitando gli americani a unirsi intorno al loro presidente. Nelle analisi di tutti, la vittoria di Bush viene attribuita all’appoggio della comunità finanziaria (la Florida, dove stanno i pensionanti ricchi, è stata vinta grazie a un costoso piano di sanità pubblica) e alla questione morale, cioè alla forte resistenza opposta dall’attuale Amministrazione a matrimony gay, aborto, ricerche sulle staminali. I fondamentalisti cristiani, ovvero l’insieme delle cosiddette chiese evangeliche (80 milioni di adepti), hanno mobilitato, per far passare questi valori, tutto il loro formidanile apparato mediatico, fatto di tv, giornali, radio, parrocchie eccetera. Un’interpretazione più radicale (di sinistra) sostiene che Bush ha vinto a causa della paura americana di guerra e terrorismo. A costoro, con un’interpretazione altrettanto radicale, Giuliano Ferrara risponde che, invece, gli americani hanno votato Bush per coraggio ("L’Islam è un nemico, continuiamo a combatterlo"). Ferrara era così convinto della vittoria del suo candidato da aver aperto Il Foglio, mercoledì 3 novembre, col titolo "Perché ha vinto Bush". Scelta spavalda, presa alle otto di sera, anticipata in tv e non suffragata da alcun exit-poll. "Il manifesto" ha fatto lo stesso, ma a mezzanotte e ragionando su un exit poll molto parziale. Suo titolo del mercoledì mattina: "Good morning, America: con una valanga di voti gli americani cacciano Bush dalla Casa Bianca". Si segnalano forti tensioni all’interno della direzione.

Post-elezioni. L’effetto più vistoso del periodo che ci attende riguarda il dollaro: svaluterà certamente, del 20 se non del 40 per cento, e questo sarà un guaio per le esportazioni europee. Politicamente, dopo la sconfitta i democratici - in minoranza anche al Congresso - sono entrati in una crisi profonda, al punto che si parla di una nomina di Bill Clinton alla presidenza del partito. I vecchi capi sono stati tutti licenziati in tronco. Michael Moore, l’autore del film "Fahreneit 9/11", ha cercato di consolare i suoi: "La legge impedisce che venga eletto ancora. E poi le due figlie di Bush sono carine, ci sarebbe dispiaciuto vederle andar via". In campo repubblicano è subito cominciata la lotta tra moderati di centro ed estremisti. Gli estremisti, che si sentono i fautori della vittoria, chiedono la distruzione di Falluja e il cambio di regime in Iran e Corea del Nord. Bush nel suo primo discorso ha detto che riporterà a casa con onore "i nostri ragazzi in Iraq". Però su Falluja sembra avere intenzione di accontentare presto gli evangelici: mentre scriviamo, truppe americane si ammassano intorno alla città e i militari promettono di prenderla in una settimana. I ribelli fanno sapere di aver sparso mine dappertutto.

Costa d’Avorio. Dove la cartina dell’Africa fa un grande orecchio, a sinistra, là, proprio sul mare, sta la Costa d’Avorio. La capitale è Abidjan, i capi del paese fanno i soldi col caffè e il cacao. Da un anno in Costa d’Avorio è in atto una guerra civile: le tribù del nord, di ideologia indefinita (forse soprattutto banditi), contro il presidente eletto, di nome Gbabo. L’Onu ha affidato il compito di limitare i danni della guerra civile ai francesi, che vennero qui al tempo dei tempi come colonizzatori. Chirac tiene laggiù 4000 soldati ("operazione Licorne"). Bisogna sapere che in Africa, da cinquant’anni, è in atto una guerra non dichiarata tra francesi e americani. Bottino in palio: il controllo del continente. I francesi hanno perso un po’ dappertutto, ma la Costa d’Avorio gli è rimasta. Però il presidente Gbabo ha fatto venire due anni fa gli americani della Cargil e della Adm (cacao). Ha poi dato appalti ad altre ditte cinesi e statunitensi. Ha comprato armi sui mercati liberi dell’Europa orientale. E sabato 6 novembre due di queste armi, vale a dire due vecchi aerei Sukhoi 25 di fabbricazione russa, sono andati a Bouakè, dove stanno i francesi, e hanno bombardato e ucciso nove soldati. Intanto ad Abidjan si bruciava il liceo francese e si dava l’assalto alla base militare. Chirac ha dato ordine ai suoi di inseguire i due aerei fino alla base di Yamussokro e di distruggerli. Quindi è legittimo dire che è scoppiata una nuova guerra (Francia-Costa d’Avorio e un po’ anche Francia-Usa) e forse non è azzardato notare che questo è successo pochi giorni dopo la riconferma di Bush alla Casa Bianca. Il prezzo del cacao sulla piazza di New York è schizzato verso l’alto (+7,7 per cento) una settimana prima del bombardamento di Bouakè.

Arafat. Giovedì 4 novembre i medici di Parigi hanno annunciato la morte cerebrale di Arafat, 13 o 14 fazioni palestinesi si sono riunite per evitare disordini, la spina che tiene in vita il raìs sarà staccata solo quando il problema del funerale sarà risolto (gli israeliani propongono Gaza, Ramallah o Abu Dis, i palestinesi insistono perché sia rispettata la volontà del morituro e vogliono Gerusalemme). Un’interpretazione romantica della vicenda dice che la decisione sulla spina sarà presa dalla moglie Suha, quella che se l’è portato di corsa a Parigi e che intanto avrebbe approfittato degli ultimi momenti di lucidità del marito per farsi firmare la procura su tutti i suoi conti correnti. Ma i palestinesi la odiano ed è improbabile. L’esistente è gestito da Abu Ala (premier) e Abu Mazen (ex premier), ma i bollettini medici vengono interpretati dal tunisino Farouk Kaddoumi, ministro degli Esteri, guerrafondaio, uno dei capi di Al Fatah, che non torna nei Territori perché non ha accettato gli accordi di Oslo. Se i bollettini li legge lui, si dice, sarà lui a comandare, dopo. Un giornale marocchino sostiene anche che lo stesso Arafat lo avrebbe indicato come suo erede. Da ultimo si son diffuse voci secondo cui Arafat sarebbe vittima di un veleno lento, ogni tanto qualcuno dice che ha ripreso conoscenza o riaperto gli occhi. Duecento milioni di dollari che Arafat aveva affidato al suo tesoriere Rashid sarebbero spariti.

Napoli. Ultimi fatti di nera a Napoli: 18 ottobre, intimidazione in un cantiere di Colli Amidei, due operai feriti; 20 ottobre: istigato dalla figlia di 14 anni, un uomo uccide un diciassettenne che le aveva rubato il motorino (la figlia è in carcere, lui latitante); 2 novembre: a Secondigliano, camorristi freschi di un doppio omicidio, sparano su tre carabinieri per proteggere il loro boss; 6 novembre, a Scampia: sicari ammazzano a pistolettate un incensurato di 25 anni che stava giocando a calcio-balilla (altri cinque feriti). A questo punto, la questione della criminalità a Napoli è diventata un caso nazionale: c’è un appello del ministro degli Interni Pisanu alla popolazione perché si opponga alla violenza, ci sono dichiarazioni di Bassolino che gli dà ragione, del sindaco Russo Jervolino e di altri politici, un manifesto degli intellettuali pubblicato dal "Mattino" e, insomma, è in atto una mobilitazione politica vera e propria (la città è in mano al centrosinistra, ma l’ordine pubblico, in Italia, non dipende dai sindaci). I dati sono questi: 234 omicidi fra il ’99 e il 2003, un giro d’affari della camorra di 21 miliardi e mezzo (824 dal traffico d’armi, 587 dalla parostituzione, 4000 dalle estorsioni, il resto dalla droga), 20 clan camorristici che si dividono o si contendono il territorio (adesso sarebbe in atto una guerra interna al clan Di Lauro). Inoltre (dati del 2002): 10.5000 tra scippi e borseggi, 1.475 furti in appartamento, 813 negozi svaligiati, 4.125 saccheggi in auto, 154 sui treni e 553 in uffici pubblici. Rapine: 11.000.

Ferrara. Giuliano Ferrara vuole costruire un suo movimento, non proprio un partito ma forse un club o una rete "che riempia di contenuti la politica dei partiti e difenda il concetto di libertà che nasce dal rispetto della persona". Ha chiesto pubblicamente soldi sul "Foglio". Sabato, al Nuovo di Milano, ha promosso un incontro pubblico con Buttiglione, da lui difeso a spada tratta nelle ultime vicissitudini europee. Teatro stracolmo, migliaia di persone rimaste fuori, ovazioni. Ferrara ha organizzato un altro incontro pubblico lunedì a Roma con Marco Pannella.

Parietti. La notte di giovedì 4 novembre Alba Parietti, 43 anni, e il suo fidanzato Giuseppe Lanza di Scalea, 55, sono rimasti feriti in un incidente automobilistico sull’Autosole, tra i due caselli di Modena: camion con rimorchio sbandato che ostruiva tutta la carreggiata, il fidanzato che non lo vede e ci si infila sotto con la sua Audi station wagon. Vivi per miracolo. Sono tutti e due all’ospedale di Modena, variamente fratturati e tagliati. Venti giorni per lei, quaranta per lui.

Juventus. La Juventus ha perso a Reggio Calabria la sua prima partita di campionato (2 a 1 per la Reggina). Le hanno pure negato un rigore e annullato un gol. La Reggina negli ultimi venti minuti ha giocato in dieci.

Theo. Il 2 novembre ad Amsterdam Mohammed B., di 26 anni, ha ucciso il regista Theo Van Gogh, 47, che stava andando in bicicletta nell’Oosterpark: due colpi di pistola e poi, sul corpo disteso, una pugnalata con un coltello in cui era stata prima infilata una lettera scritta in arabo. Inseguimento, sparatoria, arresto in pochi minuti: l’assassino è risultato un marocchino di nazionalità olandese, indagini successive hanno portato all’arresto di altre otto persone e alla sensazione forte che il delitto sia conseguenza di una "fatwa" (una maledizione come quella che fu scagliata contro Salman Rushdie). La lettera contiene minacce per altre sei persone. Theo Van Gogh, discendente diretto del fratello del pittore, aveva realizzato un documentario violentemente critico nei confronti dell’Islam che la televisione olandese aveva mandato in onda in agosto. Il delitto ha suscitato un’eco enorme in Olanda, società libera e tollerante come nessun’altra, dove già due anni fa era stato ucciso, da un animalista, il deputato di destra e omosessuale dichiarato Pym Fortuyn. Ma, si sono chiesti gli olandesi (e l’80 per cento ha risposto di no), è giusto essere tolleranti verso chi non lo è? I musulmani integrati nel paese sono più di un milione su 16 milioni di abitanti (il 5,5% della popolazione) e di questi il 5 per cento, cioè 50.000 persone, sarebbero fondamentalisti che non accettano il criterio di libertà che sta alla base di quella società multiculturale. Si prevedono restrizioni di legge e l’espulsione di almeno 26 mila musulmani estremisti.