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 2004  novembre 08 Lunedì calendario

[Promesse] Una promessa non è una promessa se devi per forza mantenerla, diceva il promettente scrittore Oscar Wilde, perciò smettetela di inchiodare chiunque a ciò che ha detto o a quello che è stato e non è più

[Promesse] Una promessa non è una promessa se devi per forza mantenerla, diceva il promettente scrittore Oscar Wilde, perciò smettetela di inchiodare chiunque a ciò che ha detto o a quello che è stato e non è più. Talenti promessi, eterne promesse, promessi sposi, promesse da marinaio... Domani a Roma la Casa delle Libertà cerca l’accordo per tener fede alla madre di tutte le promesse, il taglio delle tasse: ma c’è qualcosa di genetico che costringe l’Italia intera a promettere, e poco importa mantenere perché «una promessa non è una promessa se devi per forza mantenerla»? La questione è più sfuggente di quanto s’immagini. Certo non la si spiega con moralistici riferimenti al simpatico cialtronismo nazionale, come dimostra un libro onestamente bipartisan che uscirà tra poco (di Alberto Lamberti, Promesso!, editore Nutrimenti). E se è eccessivo studiarla manco fosse la menzogna di Foucault, peggio ancora sarebbe attribuire l’arte della promessa solo al Cavaliere. Perché l’arte della promessa è politicamente trasversale, socialmente doppia, economicamente ambigua. Soprattutto: sublimemente estetica. Berlusconi certo ne è un campione, solo lui forse sa cambiare anche il registro, della promessa. Da quello solenne: «Non ci sarà alcun condono fiscale» (20 giugno 2002), «i sottosegretari del nostro governo saranno meno delle altre volte» (ma nel Berlusconi II se ne contarono tre in più rispetto all’esecutivo D’Alema), «la riforma fiscale produrrà i suoi primi effetti positivi dal 2003» (all’Adnkronos il 18 giugno 2002). A quello umanitario, una branca poco studiata del suo personale marketing che lo ha portato a promettere la costruzione di un villaggio in Albania (Strasburgo, aprile 1999), i contributi privati al fondo Aids (Genova, luglio 2001), l’impegno a portare in Libia la scultura marmorea di Afrodite... Eppure la promessa non ha partito. «Resteremo fuori dai poli rischiando in proprio» (D’Antoni il 20 aprile 2001 alla nascita di Democrazia europea, poi entrata nel Polo). «Per i prossimi cinque anni saremo uniti, non discuteremo o litigheremo tra di noi» (Rutelli nel lontano 9 maggio 2001, l’Ulivo pare abbia preso una strada meno concorde). «Giudico sbagliato passare da una rappresentanza sociale a una politica» (Cofferati l’1 aprile 2002, giorno del pesce d’aprile). «Alle donne va riservato il 40 per cento dei posti nel partito» (Fassino, ma nel nuovo direttivo Ds le donne erano appena al 23%). «L’Ulivo non indicherà nomi in questo Cda senza le garanzie di un assoluto pluralismo» (Fassino e Rutelli, di lì a poco verranno indicati Zanda e Donzelli). «Su D’Antoni c’è un mio veto» (Bossi nel dicembre 2001, poi D’Antoni entrerà sia pure brevemente nel Polo). «Non toccheremo nessuna vetrina, non lanceremo nulla» (Luca Casarini prima del G8 di Genova). Cosa spinge uomini e donne di sport politica e spettacolo, in ogni caso persone di mondo che sanno come vanno queste cose, a impegnarsi, legarsi le mani, «dichiaro pubblicamente che», quando una promessa è appunto fatta per non essere mantenuta? Ci sono solo due cose che possono gareggiare con la politica: il calcio e la tv. Paolo Maldini il 25 aprile 2002, «ho ancora due anni di contratto, poi chiuderò la carriera»; Paolo Maldini il 28 giugno 2004, «mai sentito così bene, non ho nessuna intenzione di smettere». Alessandro Nesta nel 2001, «rimango alla Lazio per altri cinque anni» (è legittimo cambiare idea). Fabio Capello l’8 febbraio di quest’anno diceva «non andrei mai ad allenare la Juve». Il Trap il 23 luglio prometteva «sì la prossima uscita in Nazionale convocherò Baggio», e chi l’ha più visto il Codino. Ma promettono la Ferilli, Bonolis, Ricci. Promettono autentici giganti della nostra cultura come Mike e Baudo. Pippo una volta forse ha esagerato, «Bob Dylan? Salirà sul palcoscenico dell’Ariston», e noi siamo ancora qui, Blowin’ in the wind nelle orecchie, a sognarlo, un giorno, tra i fiori e le cure amorevoli di Orietta Berti.