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 2004  novembre 08 Lunedì calendario

DEL PEZZO Lucio

DEL PEZZO Lucio Napoli 13 dicembre 1933. Pittore. Scultore • «Quadri? Sculture? Difficile dirlo. Un po’ l’uno e un po’ l’altro. Da un lato, sirene sdraiate su pavimenti a scacchi bianchi e neri; sirene che si riposano sotto costellazioni geometriche e caratteri tipografici giganti; sirene illuminate da un sole di carta gialla o attorniate da cubi, conchiglie, rettangoli, pesci carnivori; sirene che si lasciano trasportare su un mappamondo o stanno in piccoli casellari; sirene che navigano in un mare di pietra azzurra o che, su un campo metafisico, vanno alla ricerca di zio Giorgio (de Chirico); sirene-aquile; sirene in pose orientali come Vishnù; sirene; sirene... Dall’altro lato, cieli stellati con cubi, esaedri, dodecaedri, triangoli, compassi, razzi che come animapropellente hanno una carota, soliaquiloni, nodi da marinaio. E silhouette di ogni oggetto possibile e immaginabile. In mezzo, ecco il grande regista, l’artista-clown, l’illusionista del colore, il giocoliere dalla fantasia, che dà corpo a sogni e chimere e che, da buon napoletano, ha una marcia in più rispetto agli altri, perché nella sua città natale invenzione e aria per respirare sono la stessa cosa. [...] la sua “parentela” con le figure geometriche, l’interesse per l’arte pop (più quella inglese che quella americana). Con un giro a 180 gradi, recupera Rinascimento e suggestioni architettoniche e decorative di casa propria. [...] il “viaggio a Parigi”, dove Tinguely, César e Arman hanno “un modo diverso di rileggere Duchamp e di immaginare forme, sculture e ambientazioni”? Del Pezzo s’installa nel vecchio studio di Max Ernst: “Arrivi lì per vivere un’esperienza cosmopolita, internazionale, e ti accorgi che lì ti vengono fuori le tue origini, le cose viste all’inizio”.Ecco, allora, che il barocco napoletano, Ribera, la cultura popolare dei rioni partenopei dove si fondono sacro e pagano, gli altari delle grandi cattedrali e gli altarini di strada con ex voto che nessuno osa rubare, la rilettura dei mosaici romani: tutto diventa punto di partenza per la ricerca di nuovi miti da proiettare sul versante moderno. E qui l’orizzonte si allarga sempre di più: Burri, Tápies, Colla, Novelli, Perilli. Quando, nel 1979, Del Pezzo si stabilisce a Milano, dove incontra quel mostro surrealista che è Arturo Schwarz, sempre alla ricerca di giovani talenti. Il suo repertorio spazia dall’arte egizia all’oro del ’300, ai codici miniati, al Rinascimento, alla Metafisica. Simboli e icone vengono suffragati dalle letture di Borges e di Calvino, di Goethe (La teoria e i colori) e di Kandinsky (Lo spirituale nell’arte). “C’è anche un elemento di gioco infantile che mi ha sempre affascinato — spiega Del Pezzo —. In fondo, uno come Vasarely lavorava solo su quello, sulle variazioni strutturali infinite”.Ed è così che un giovane napoletano comincia a giocare su variazioni infinite e continuerà a farlo per tutta la vita. Gli si può dar torto?» (Sebastiano Grasso, “Corriere della Sera” 8/11/2004).