Varie, 7 novembre 2004
PLATON
(Antoniou Platon) Londra (Gran Bretagna) 1968. Fotografo • «Ozzy Osbourne piange pensando alla sua Sharon. George Bush senior fa il segno di vittoria (o è quello di pace alla maniera di John Lennon?). Anjelica Houston imita la Garbo. Yoko Ono sembra una musa del minimalismo. Ricco e famoso è il mondo di Platon, il fotografo inglese (ma da anni newyorkese) che, dopo un esordio sotto l’ala di John John Kennedy, ha scelto di raccontare il mondo attraverso le copertine e le pagine di ”Vogue”, del ”New York Times Magazine”,di ”Esquire” (celebre quella con un ammiccante Bill Clinton postscandalo Lewinsky), di ”Newsweek” oppure di ”Face”. [...] Ma quelle di Antoniou Platon (nato a Londra nel 1968 da padre greco e madre inglese, diventato Platon ”per amore di semplicità”) non sono mai ”solo” fotografie di celebrities. Piuttosto sono immagini che vanno sotto pelle, alla ricerca di un particolare o di uno sguardo in grado di rispecchiare vizi e virtù della cultura contemporanea ma anche le contraddizioni di una società. Come giudicare altrimenti gli inquietanti ritratti dei naziskin del North Carolina, delle stripteuse del Billy’s Topless Bar di New York, del dottor Khalid Abdul Muhammad attivista nero di Harlem o del poliziotto sommerso dalla polvere delle Torre gemelle? Nella sua Platon’s Republic, tutte le combinazioni sono così possibili: celebrità e bellezza, potere e violenza, star del cinema e politicanti, homeless e artisti del pallone. D’altra parte, ogni foto [...] ha rappresentato per Platon un’esperienza ”che mi ha permesso di vivere momenti di importanza mondiale e attimi di estrema frivolità”. [...] racconta come sono nate e che cosa è scattato (o non è scattato) tra fotografo e soggetto [...] Monica Bellucci (’la donna più sexy del pianeta, le chiesi di fare una foto assieme ma non troppo vicino perché sono sposato”) e l’architetto Daniel Libeskind (’mi disse che avrebbe dedicato il resto della sua vita a ricostruire il World Trade Center”), David Beckham (’un gentleman silenzioso, lontanissimo dal suo status di celebrità”) e il senatore John Kerry (”ho sentito un velo di tristezza nel suo sguardo”). [...] ogni soggetto (e non necessariamente solo i belli, i ricchi e i famosi) sembra aver lasciato una traccia indelebile nell’anima del fotografo. Un esempio per tutti, quello di Geula Amir, la madre del giovane assassino di Yitzhak Rabin. Che alla fine di una giornata passata con Platon in una piccola sala del carcere di Gerusalemme dove era detenuto il figlio, prima di lasciarlo andare, gli dona la sua collana più preziosa e gli dice: ”Ti prego prendila. La devi prendere. Perché così ti ricorderai di me e di mio figlio”» (Stefano Bucci, ”Corriere della Sera” 7/11/2004).