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 2004  novembre 04 Giovedì calendario

"Silent spring". il titolo di un fortunato volume pubblicato nel 1962 dalla biologa americana Rachel Carlson che grande peso ha avuto nella crescita del movimento ambientalista in Europa e negli Stati Uniti

"Silent spring". il titolo di un fortunato volume pubblicato nel 1962 dalla biologa americana Rachel Carlson che grande peso ha avuto nella crescita del movimento ambientalista in Europa e negli Stati Uniti. Allude alla possibilità di una primavera silenziosa, privata del canto degli uccelli. Nel libro si citano casi di volatili morti per episodi di avvelenamento acuto da diclorofeniltricloroetano (Ddt) e si pone l’accento sui problemi riproduttivi arrecati da tale sostanza ad alcuni rapaci quali l’aquila, il falco pellegrino e il falco pescatore con conseguente diminuzione della numerosità di tali specie. Alcuni studi realizzati negli anni 60 e 70 mostrarono, in effetti, come il Ddt, ingerito e assorbito dagli insetti e trasmesso lungo la catena alimentare fino a raggiungere gli uccelli rapaci, rende il guscio delle uova più sottile, ostacolando il normale sviluppo dell’embrione e modificando il comportamento degli adulti, talvolta portando alla rottura delle uova durante la cova. Altri ricercatori hanno però fatto osservare come gli esperimenti per la verifica dell’effetto del Ddt sull’assottigliamento dei gusci delle uova erano stati condotti esponendo gli stessi a dosi massicce di insetticida, molto superiori a quelle riscontrate all’epoca nell’ambiente pur in presenza di un uso del composto chimico in elevatissime quantità da parte degli agricoltori (spesso il pesticida veniva spruzzato sui campi da piccoli velivoli). stato inoltre fatto rilevare come il declino dei rapaci fosse iniziato alcuni decenni prima dell’utilizzo del Ddt. Vennero all’epoca ipotizzate anche possibili ricadute sulla salute umana, ma la letteratura scientifica non contiene, a oggi, alcuno studio indipendentemente replicato, a sostegno di tale tesi. L’entomologo americano J. Gordon Edwards, convinto assertore della innocuità del Ddt per l’uomo, per molti anni iniziò il suo corso universitario e le sue conferenze ingerendo un cucchiaio dell’insetticida; la certezza di Edwards si fondava sui risultati di uno studio condotto negli Stati Uniti che aveva visto alcuni volontari ingerire per molti mesi una dose di Ddt all’incirca mille volte superiore a quella media di un cittadino americano senza che venisse riscontrata nell’arco di molti anni alcuna conseguenza negativa. Nel 1972, l’Agenzia per l’Ambiente degli Stati Uniti (Epa) pose al bando l’utilizzo del Ddt. Come ebbe a riconoscere qualche anno più tardi William Ruckelshaus, direttore dell’Epa, nonché membro dell’Environmental Defense Fund, una delle maggiori organizzazioni ambientaliste americane, la decisione fu basata su considerazioni di carattere politico piuttosto che su valutazioni scientifiche. Erano trascorsi meno di trent’anni da quando, nel 1948, era stato assegnato al chimico svizzero Paul Hermann Muller il premio Nobel per la medicina e la fisiologia per la scoperta dell’efficacia del Ddt (sintetizzato per la prima volta dal chimico tedesco Othmar Zeidler nel 1874) nell’eliminazione degli insetti. Efficacia ampiamente confermata nel corso degli anni 50 quando, grazie all’irrorazione delle pareti interne delle abitazioni con tale composto, la malaria venne pressoché eradicata in numerosi Paesi. Nello Sri Lanka si passò da 2,8 milioni di casi nel 1948 a soli diciassette nel 1963. In India, dai 100 milioni di casi nel 1935 a meno di 300mila nel 1969. Importanti successi si registrarono negli Stati Uniti e in Europa. In un documento dell’Oms si legge: «il Ddt ha ucciso più insetti e salvato più persone di qualsiasi altra sostanza». In base alle stime della Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti, fra il 1945 e il 1965 «il Ddt ha prevenuto la morte, altrimenti inevitabile, di 500 milioni di persone». La decisione dell’Epa venne in breve fatta propria da numerosi altri Paesi e l’utilizzo dell’insetticida a scala mondiale fu drasticamente ridimensionato. Numerose agenzie umanitarie vincolarono la continuazione del loro supporto finanziario all’impegno da parte dei Paesi africani di porre termine all’utilizzo del Ddt. L’incidenza della malaria ricominciò così a crescere. Oggi si contano fra i 300 e i 500 milioni di nuovi casi di malaria per anno, il 90% dei quali in Africa. Il numero di morti è di poco inferiore ai tre milioni per anno, in larga misura bambini al di sotto dei cinque anni. Eppure, ad esempio, nel 1999 il Belize ha dovuto rinunciare all’utilizzo del Ddt in quanto il Messico, paese dal quale l’insetticida veniva importato, ha posto termine alla produzione a seguito di pressioni esercitate dagli Stati Uniti. Analogamente, il Mozambico ha cessato di fare ricorso all’insetticida a seguito del vincolo imposto dai donatori i cui fondi rappresentano oltre l’80% delle risorse destinate dal Paese alla sanità. Il Ddt inoltre compare nella lista dei dodici prodotti chimici per i quali la Convenzione di Stoccolma, entrata in vigore lo scorso maggio, propone l’eliminazione poiché essi costituirebbero una grave e crescente minaccia alla salute umana oltre che all’ambiente. La convenzione prevede la possibilità che ciascun Paese richieda una temporanea esenzione sia per la produzione sia per l’utilizzo del Ddt ai fini del contrasto alla diffusione della malaria, ma è stato fatto osservare come la stessa introduzione di procedure di regolamentazione e di controllo potrebbe accrescere il costo del pesticida, già oggi prodotto solo in India e in Cina, riducendo così la possibilità di farvi ricorso. Il bando definitivo all’utilizzo del Ddt rimane infine l’obiettivo di numerose associazioni ambientaliste. Sembra qui ritrovarsi una concezione caratteristica di numerose battaglie per l’ambiente ossia che l’unico livello accettabile di inquinamento o di impatto sia - in contrapposizione con il monito che Paracelso rivolgeva agli studiosi già mezzo millennio fa: «dosis sola facit venenum» (un veleno è tale solo al di sopra di una certa dose) - quello nullo. Oppure, che qualsiasi misura a tutela dell’ambiente debba essere considerata positiva, quali che siano i costi e i benefici a essa associati. Il che si traduce, nel caso dell’opposizione all’utilizzo del Ddt in piccole quantità all’interno delle abitazioni per il contrasto alla diffusione della malaria, nel provocare un aumento del numero di decessi per evitare un rischio che nessuna ricerca finora ha mostrato avere alcuna rilevanza. Sarebbe dunque auspicabile che venissero meno quanto prima le pressioni per impedire l’utilizzo del Ddt almeno fino a quando non sarà disponibile un sostituto altrettanto efficace ed economico.