Varie, 4 novembre 2004
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NOOTEBOOM Cees L’Aja (Olanda) 31 luglio 1933. Scrittore • «Qualcuno, con spicciola etichetta wagneriana, lo ha definito ”l’olandese volante” per via della sua foga inarrestabile di viaggi [
NOOTEBOOM Cees L’Aja (Olanda) 31 luglio 1933. Scrittore • «Qualcuno, con spicciola etichetta wagneriana, lo ha definito ”l’olandese volante” per via della sua foga inarrestabile di viaggi [...] armato di taccuini e avido di incontri, generoso di cronache dense di paradossi spazio-temporali e acute nelle digressioni letterarie. Una capacità di ”essere altrove” che ha fatto di Cees Nooteboom [...] uno degli autori di libri di viaggio più appassionanti e seguiti dei nostri anni. Ma la delimitazione di genere non esaurisce l’identità complessa e originale di questo scrittore [...] più volte in odore di Nobel, rivelatosi internazionalmente nei primi anni ”90 (in Italia Maria Corti fu una sua ammiratrice entusiasta) e oggi tradotto in una trentina di lingue. I suoi romanzi rapidi e ironici, frenetici nei giochi di riflessi tra realtà e finzione, sono stati lanciati in Italia da Iperborea: Il canto dell’essere e dell’apparire, Rituali, Mokusei, Le montagne dei Paesi Bassi, La storia seguente, Il giorno dei morti, mentre Feltrinelli ha pubblicato i libri di viaggio: Verso Santiago, Il Buddha dietro lo steccato e Hotel Nomade. La costante del viaggio, tuttavia, può segnalarci il senso del suo itinerario contemporaneo e ”classico” (nel ritmo narrativo, nella forza delle metafore, nella capacità di dire tanto in poco spazio) anche in modo diverso rispetto alla concretezza degli spostamenti: viaggiare, per Nooteboom, non significa solo eleggersi testimone di una realtà enormemente più estesa della sua ”piccola nazione”, puntando all’intricato flusso della storia. Ma anche o soprattutto compiere un viaggio con se stesso ”che sa darmi l’impressione di avere tante vite, ovvero il massimo che si può chiedere alla vita”; e che gli fa inseguire, con voracità e leggerezza calviniana (’Calvino è tra i miei maestri, come Borge”»), la forza volatile e decisiva delle parole, la loro possibilità di conquistare l’essenza delle cose. Ad essa mirano le poesie di Nooteboom: scorci luminosi, nature morte penetrate con tocchi minimi e preziosi, frammenti in cui si staglia la percezione profonda di un istante. Ne ha curato una scelta Paolo Ruffilli ne Le porte della notte (Edizioni del Leone, pagg. 83, euro 7, traduzione di Fulvio Ferrari, a cui si deve anche la versione italiana dei romanzi di Nooteboom), il libro grazie al quale lo scrittore olandese ha vinto il Premio Europeo di Poesia [...] ”I miei aspetti di scrittore sono almeno quattro: fiction, resoconti di viaggi, opinioni politiche e poesia. In quest’ultimo territorio parlo di cose generali in modo personale. Tutto dev’essere strutturato ma avere anche un forte elemento di immediatezza: in uno spazio breve bisogna dire molto. Una poesia può esprimere un’intera personalità, il che non accade mai in un racconto, che sviluppa una trama. Un romanzo è un progetto al cui interno bisogna ambientarsi: si entra in un universo e vi si rimane dentro per un periodo lungo. La poesia ti vola in testa e devi catturarla [...] Non sempre le critiche in Olanda sono state benevole, ma il pubblico è dalla mia parte. La storia seguente, oggi tradotto in 32 lingue, quando uscì qui in Olanda fu stroncato. Poi venne accolto benissimo in Germania e ricevette il premio della Comunità Europea, riconoscimento importante e consistente: 25.000 euro [...] Traduttore di Nabokov, Tennesse Williams, Montale e altri [...] è un poliglotta innamorato dei riflessi e degli svelamenti delle lingue. Eppure scrive sempre e solo in olandese, lingua per noi lontana e misteriosa. ”Questione di radici e vocabolario. Se scrivo in olandese è come se suonassi l’organo, se scrivessi in inglese, che pure conosco bene, sarebbe come suonare una spinetta. La mia lingua ha immense possibilità: il suo patrimonio si è nutrito delle traduzioni della Bibbia realizzate nel diciassettesimo secolo. Nella sua storia ha assimilato e filtrato elementi di lingue diverse. Io, pur viaggiando tanto e trascorrendo parte dell’anno in Spagna, mantengo sempre vivo il contatto, per esempio ascoltando ogni mattina la radio olandese, per essere aggiornato su parole nuove e neologismi [...] Ho riflettuto molto sulla morte da giovane, ma avevo una ragione per farlo: ci si deve pensare sopra quando non si è ancora morti e quindi non si potrà più farlo. Poi, invecchiando, vedi morire attorno a te gli amici, e la morte diventa solo una presenza. Ora sono un agnostico che pensa, più che alla vita dopo la morte, a come la vita usi in un certo senso il nostro corpo per continuare a esistere [...] Nel ”97 ero a New York, davanti alle due Torri, e in un racconto scrissi: crolleranno come carta. Non pensavo al terrorismo. Semplicemente le guardavo, mentre i raggi del sole attraversavano le tante vetrate, e ne percepivo l’immensa fragilità. Di recente una donna dal Venezuela mi ha scritto: sei Nostradamus”» (Leonetta Bentivoglio, ”la Repubblica” 4/11/2004).