Varie, 3 novembre 2004
VAN
VAN GOGH Theo l’Aja (Olanda) 23 luglio 1957, Amsterdam (Olanda) 2 novembre 2004. Regista. «Si diceva lontano discendente del grande pittore ed era alla ribalta per le sue dure critiche all’Islam, è stato assassinato da un giovane di origine nordafricana [...] in un parco di Amsterdam, mentre andava tranquillo in bicicletta al vicino ufficio comunale. L’omicida è un ventiseienne di origine marocchina: sul cadavere della vittima ha lasciato una lettera con testi islamici scritti a mano. [...] Il giovane ha teso la sua imboscata nel parco, nella zona est della capitale olandese. Ha sparato a bruciapelo con una pistola, colpendo più volte Van Gogh che è stramazzato a terra. Poi lo ha finito a pugnalate. [...] Theo Van Gogh non era famoso solo per il nome: era il più scomodo polemista del paese. Per le sue critiche all’intolleranza islamica aveva ricevuto minacce di morte su internet. Fatto sconvolgente, era sotto la protezione della polizia, che però non ha impedito ieri il suo omicidio. A Pim Fortuyn, Van Gogh aveva da poco dedicato il suo ultimo film, 0605 (dalla data dell´assassinio del politico, il 6 maggio 2002), in cui lo descriveva come vittima dell’odio. E ancor più aveva diviso il paese un altro suo film, Submission (sottomissione). Lo aveva realizzato insieme ad Ayaan Hirsi Ali, una deputata di origine africana del partito liberale, per denunciare l’oppressione della donna nel mondo musulmano. Il film era stato trasmesso dal Nos, la televisione pubblica, e la scelta aveva scatenato un vespaio di polemiche. La deputata vi raccontava tra l’altro la sua storia: era diventata olandese ottenendo asilo, dopo esser fuggita alla schiavitù e alla violenza quotidiana del matrimonio con un musulmano [...]» (Andrea Tarquini, ”la Repubblica” 3/11/2004). «Aveva il difetto di non esporre la sua opinione molto garbatamente. I suoi film, i suoi interventi televisivi, i suoi articoli aggredivano con termini brutali, se non insultanti, gli imam ele loro prediche, i musulmani misogeni e su, su, fino a Maometto. Voleva lasciare gli spettatori senza fiato. [...]» (Elisabetta Rosaspina, ”Corriere della Sera” 3/11/2004).