30 ottobre 2004
Tags : Ian Lemuel Fraser. Kilmister
Kilmister IanLemuelFraser
• Nato a Stoke-On-Trent (Gran Bretagna) il 24 dicembre 1945. Bassista. «Incontra Beatles e Brian Epstein, il loro manager; viene colpito dalla ”magia” dei Byrds di Roger McGuinn cantore dei dylaniani Mr.Tambourine man e Turn! Turn! Turn!; crea i Rockings Vicars, con i quali fa da ”spalla” alla Jimi Hendrix Experience; il primo successo con gli Hawkwind (tra i primi gruppi psichedelici progressive , fondati dallo scrittore inglese di fantascienza Michael Moorcock; al festival rock di Villa Pamphili, nel maggio ’72, qualche quirite intraprendente rubò il mantello fosforescente della statuaria ballerina Stacia lasciandola nuda), per divenir leggenda con il gruppo in assoluto più tremendamente rumoroso che chi scrive abbia mai sentito, i Motorhead. Fondati nel ’75 e ideatori dello speedmetal, sonorità deflagranti suonate velocissimamente come dimostrano lavori quali No sleep til’ Hammersmit , Overkill , Bomber e soprattutto Ace of spades, forse summa della ruvida filosofia di Lemmy e di chi gli è stato intorno tutti questi anni. Cioè sesso, droga, rock’n’roll, alcool, cuoio, stivali - nella divisa del metallaro come Lemmy è importante quanto le scarpette per una étoile della danza o gli scarpini di un ”pedator cortese” quale Totti - autoironia e un fisico davvero bestiale. E inaffondabile. La sottile linea bianca è, purtroppo, uno dei flagelli del mondo, la cocaina, che però Lemmy mai in nessuna delle pagine dell’autobiografia esalta. Lui, come dichiarò sorridente al sottoscritto Roger ”Tommy” Daltrey cantante degli Who, scelse il rock ”to fuck ”, per fare l’amore. E mai tradire il rude carattere che una volta, sotto contratto con la Sony Music, gli fece apostrofare l’allora dirigenza - l’ex presidente, ed ex marito di Mariah Carey, Tommy Mottola - come ”il più grosso mucchio di inetti figli di puttana che abbia mai visto in vita mia”. Giudizio duro. Ma sincero. Di un artista, estremo e primitivo, che intravedeva la musica strangolata da un’industria discografica sempre più megalomane, miliardaria e sorda alle vere novità [...]» (Paolo Zaccagnini, ”Il Messaggero” 29/10/2004).