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 2004  ottobre 22 Venerdì calendario

Horn Mike

• Johannesburg (Sudafrica) 16 luglio 1966. «Perché? Perché passare 800 giorni in solitudine a scrutare il ghiaccio per capire se regge il peso della slitta, a sopportare un gelo che supera i meno 60 gradi, a guardarsi dai lupi nella tundra russa e dai grizzly in Canada? ”Perché si può fare, perché lo so fare, perché il momento interessante è quando la tempesta ti arriva addosso e basta un piccolo errore a farti morire. Puoi girare il mondo in aereo e vedere molte cose, ma se fai ogni centimetro a piedi ti guardi dentro, vedi chi sei”. Mike Horn, l’’uomo che cammina” come lo chiamano gli inuit [...] una passeggiata lunga 20 mila chilometri: il giro della Terra all’altezza del circolo polare artico. stato il primo a farlo a piedi, senza l’aiuto di mezzi meccanici o animali: in canoa, in barca, con gli sci, qualche volta aiutandosi con il kite, l’aquilone da surf, per tirare la slitta caricata con 200 chili di materiale. [...] Il momento più critico è stato quando gli è andata a fuoco la tenda. Aveva preso nella slitta una bottiglietta di petrolio per il fornelletto: la differenza di temperatura tra l’esterno e l’interno della tenda ha dilatato il liquido facendo schizzare fuori qualche goccia di petrolio e in una frazione di secondo si è incendiato tutto. ”Sono saltato fuori dalla tenda, ma ho subito realizzato che non avevo più niente. Allora ho riattraversato per un momento la barriera di fuoco e ho acchiappato quello che ho potuto, il telefono satellitare. Mi sono trovato praticamente nudo a meno 38 gradi: avevo perso la tenda, il sacco a pelo, il fornello, le scarpe, i guanti. Mi era rimasta solo una giacchetta. Se mi fossi arreso sarei morto. Così ho costruito un igloo e l´ho scaldato con l’unica piccola candela sfuggita al fuoco. Ho resistito per due giorni, in attesa che arrivassero i soccorsi chiamati con il telefono”. Nel terzo millennio l’avventura resiste ma s’intreccia con la tecnologia. Anche nelle isole di wilderness vera, dove la natura appare ancora intatta, esistono tracce della presenza umana. E non sono sempre discrete e utili come un sos satellitare. Se il viaggio di Mike Horn è durato quattro mesi più del previsto è stato perché il circolo polare continua a cambiare velocemente per effetto del riscaldamento globale. Nel novembre 2002 ”l’uomo che cammina” si è dovuto fermare in Canada perché si è trovato davanti uno scenario inaspettato: una distesa di ghiaccio fuso in mezzo alla quale si vedeva la sagoma di due motoslitte inghiottite dal mare. Gli inuit gli hanno spiegato che un inverno così non si era mai visto. ”Durante il mio viaggio ho potuto constatare che i segnali d´instabilità climatica si moltiplicano”, racconta il globe-trotter dell’avventura. ”Il tempo è sempre più imprevedibile: ci sono oscillazioni fredde e punte improvvise di caldo. Nella Siberia centrale ho visto il termometro raggiungere i 30 gradi. In Canada la temperatura in salita ha spinto i grizzly a spostarsi verso Nord invadendo il terreno di caccia degli orsi polari”. E così Mike Horn ha dovuto imparare a convivere con i vecchi e i nuovi abitanti del polo. ”Bisogna saper leggere le tracce”, racconta. ”Se si vede solo la parte esterna della zampa dell´orso vuol dire che è pesante e satollo, dunque non rappresenta un pericolo. Ma se l’impronta è piena sono guai. Così come se le tracce descrivono una linea sinuosa vuol dire che l’orso cerca una femmina, se disegna curve brusche è a caccia di cibo. Se invece sei già a contatto con l’animale, non devi sbagliare mossa. Ad esempio se c’è un’orsa con i cuccioli, bisogna allontanarsi muovendo le braccia come quando si fa sci di fondo, in modo da far capire con chiarezza che si va via”» (Antonio Cianciullo, ”la Repubblica” 22/10/2004).