Varie, 18 ottobre 2004
BO
BO Vittorio Buenos Aires (Argentina) 3 luglio 1953. «Si occupava di un microcosmo elitario, i letterati, ora è votato all’esplorazione di un vasto mare che va dal marketing culturale alle nanotecnologie. Aveva a che fare col riposante mondo della grande cultura italiana, quella della nobile casa editrice Einaudi. Adesso punta tutto su una start up ad alto rischio: convincere i recalcitranti italiani, i più giovani soprattutto, di come e quanto gaia può essere la scienza. [...] nato a Buenos Aires e cresciuto tra Sestri Levante e Genova, è nipote del Carlo Bo che è stato tra i più importanti critici letterari del Novecento italiano. anche fratello di altri sei Bo, pure loro nati tra l’Argentina e la Liguria, e cugino di un’infinita cuginanza di Bo, uomini e donne sparsi tra Chiavari e Genova e per lo più devoti a mestieri intellettuali. [...] la famiglia d’origine dei Bo si componeva di cinque maschi: un medico, un notaio, un farmacista, un avvocato e l’ultimo, Vittorio, che invece se ne andò in Inghilterra per importare ed esportare legname. Il nipote, che lo ricorda nel nome, deve aver ereditato un po’ di quella inquieta intraprendenza perché, invece di restare buonino a fare l’amministratore delegato di Einaudi, nel 2001 ha lasciato la casa editrice e l’anno dopo s’è inventato il Festival della Scienza di Genova. La prima edizione, [...] è stata un successo, proprio come successi popolari sono il Festival della letteratura, a Mantova, o quello della Filosofia, a Modena. [...] ”ero a cena col sindaco di Genova, Pericu. Si parlava di quel che avrebbe voluto fare per la sua città nel 2004, quando sarebbe stata la capitale della cultura... Il Festival della Scienza era un’idea alla quale lavoravo da un po’, gliel’ho proposto. Il sindaco mi ha consigliato di parlarne con Manuela Arata, direttore dell’Istituto di fisica per la materia di Genova. Sono andato a trovarla, poi ho mandato il progetto ad Andrea Kerbaker, direttore del Progetto Italia di Telecom... Siamo partiti. Incrociare compagni di viaggio che credono quanto te in quel che stai facendo è stato determinante [...] Volevo cambiare. Lì per lì, quando ho lasciato l’Einaudi, non avevo progetti, non sapevo bene che cosa mi attendeva. Le idee sono venute in quel periodo di zona franca in cui, a parte una consulenza con la casa editrice, non avevo molto altro da fare [...] Pensavo a quel che avrei fatto dopo. Leggevo, per esempio un fondamentale saggio di Philip Kotler sul marketing dei musei, l’avevamo pubblicato in Einaudi. In fondo, non è durata a lungo, un paio di mesi, più o meno, perché mi sono mosso quasi subito. Andavo a Edimburgo, al Festival della Scienza, in giro a curiosare, e intanto cominciavo a occuparmi di marketing culturale. Prima al museo Egizio di Torino, poi a Palazzo Te a Mantova. [...] La cultura può essere una merce di scambio, e proprio nel senso splendido del termine. Però c’è bisogno di rigore, di competenza, dei compagni di viaggio giusti. La mia socia, Maria Perosino, lavorava già con me in casa editrice, c’è una naturale sintonia. Gli sponsor io li chiamo partner. Non devono ricevere soltanto visibilità, devono diventare compagni di strada. Il marketing culturale oggi non si improvvisa, devi avere una gran quantità di relazioni, conoscere nel profondo i temi di cui ti occupi, conoscere i giornalisti. Ma è un bel lavoro. In qualsiasi settore, il marketing cerca di dare valore a un prodotto. Se il prodotto è culturale, è ancora più bello, no? [...] ”Codice’, la società che ho fondato, opera su molti piani. C’è una casa editrice che pubblica soprattutto libri scientifici: di solito, si pensa che un’attività così resti per sempre in passivo, ma noi ci siamo dati un tempo di tre anni. Entro tre anni, devono esserci dei ricavi, magari modesti, ma devono esserci. Poi c’è il resto del lavoro, la parte che punta a iniziative nuove, come il Festival della Scienza, e quella dedicata al riposizionamento di situazioni già esistenti, come Palazzo Te, a Mantova, dove, per fare un esempio, abbiamo organizzato quattro giornate sui diritti umani. Certo, serve continuità, e questo manca ancora in Italia. Una manifestazione deve contare sulla solidità di un progetto, ma chi propone l’iniziativa deve saper trasmettere il senso di una passione [...] Bisogna provare e riprovare, fin quando non si son trovati gli interlocutori giusti. Ricordo ancora il giorno in cui Andrea Kerbaker mi telefonò per dirmi: ”Abbiamo deciso che il tuo progetto di Festival della Scienza ci interessa’. Ero in Egitto, in vacanza, e per la gioia quasi mi son messo a piangere”» (Maria Latella, ”Corriere della Sera” 18/10/2004).