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 2004  ottobre 16 Sabato calendario

Arduin Dominick

• Nata a Parigi (Francia) il 7 febbraio 1960. Cittadina finlandese per scelta, nel 1981 è campionessa mondiale di kayak. Nel 1985 passa un anno nel nord della foresta canadese, quindi compie una traversata solitaria sugli sci di 600 km, da Mosca a San Pietroburgo. Nell’87 vince la Paris-Dakar in mountain bike e nel ’99, nonostante diverse operazioni al ginocchio, si piazza quinta all’Eco-Challenge in Argentina. Nel 2001 raggiunge sugli sci il Polo Nord magnetico. Nel 2004 l’ultima impresa: una traversata in solitaria dalla Siberia al Polo Nord. Parte il 5 marzo, ma il 6 fa perdere le proprie tracce. I soccorritori: «Pensiamo sia morta». «La fu Dominick Arduin, forse, si era semplicemente stancata di essere la donna di ghiaccio. Le andava troppo freddo il mito della sportiva nolimits, ma non voleva deludere i suoi fans, né fare i conti con i finanziatori delle sue imprese estreme. Voleva smettere i panni termici degli sponsor e indossare un’esistenza più calda, magari più vicina all’equatore che al Circolo Polare Artico. Ma sarebbe stato un cambio di pelle difficile per chi aveva campato fino a quel momento di vittorie e nuovi traguardi, cambiali di successi sempre più ardui da onorare. Dominick avrebbe studiato quindi la soluzione perfetta: morire all’apice dell’avventura, sulla strada dell’ultimo trionfo, in vetta al suo mito; morire per finta, senza lasciare impronte sull’immensa pianura siberiana che si era ripromessa di attraversare per conquistare, tutta sola, il Polo Nord. Si sarebbe dissolta come un miraggio, nel candore accecante della neve artica. Soltanto così sarebbe stata libera di rinascere da qualche altra parte, magari sulla sabbia fine di una spiaggia tropicale, con una nuova identità e un nuovo futuro. Ma, da che cosa volesse realmente fuggire Dominick Arduin, esploratrice franco-finlandese di 44 anni, non è chiaro [...] Il mistero, per adesso, è approdato nelle librerie di Helsinki, a firma di Sven Pahajoki, un giornalista finlandese che è qualcosa di più di un curioso impiccione: era anche un buon amico della bionda avventuriera, al punto da aiutarla a raccogliere i sostanziosi fondi necessari [...] alla spedizione fatale, durante la quale Dominick è sparita. Lasciando dietro di sé il rimpianto dei suoi ammiratori e dei suoi creditori. Tuttavia nemmeno il sospettoso Sven può negare che la sciatrice fosse davvero determinata a stabilire il suo nuovo record: ci aveva già provato un anno prima, cadendo malamente in acqua e rimettendoci quasi tutte le dita delle mani congelate. Dominick aveva deciso di non arrendersi, diceva che sentiva di potercela fare, visto che aveva già conquistato nel 2001 il Polo Nord magnetico. Era una riconosciuta campionessa di sci, di mountain bike, di kayak e, soprattutto, un’inguaribile testarda. Soltanto dopo la sua morte, reale o apparente, si è saputo invece che era anche una formidabile bugiarda. Non era nata e cresciuta a Barcelonnette, nelle Alpi provenzali, ma a Parigi; non era figlia unica, ma aveva un fratello e una sorella; e i suoi genitori non erano morti in un incidente di macchina quando lei era bambina. Se Dominick ha mentito tanto sulla sua vita, riflette Sven, perché non avrebbe potuto mentire anche sulla sua morte? Ma non c’è molto, oltre alla logica, a sostenere la suggestiva tesi del giornalista segugio, impegnato a ricostruire la biografia dell’amica dispersa, navigando a ritroso tra iceberg di fantasie: ”I segreti dell’avventuriera”, come l’autore ha intitolato il suo libro, sono corroborati dalla testimonianza di uno zio secondo cui, da ragazza, Dominick raccontava un mucchio di fandonie ed era anche scappata di casa per qualche mese, pur senza arrivare a farsi credere morta. ”A mano a mano che avanzavo nelle mie ricerche, scoprivo che quasi nulla di ciò che aveva raccontato Dominick di sé era vero - racconta le sue indagini Sven -. Ho provato tristezza per lei, quando ho capito che era una persona che viveva in un suo mondo di favole”. Parla di lei ancora al passato, il suo inseguitore. Ma non considera i ritocchi di Dominick alla sua storia personale come innocenti fantasie, piccole vanità di una superwoman. Interpellata dal ”Times” di Londra, l’ex assistente di Dominick, Pirjo Salonen, rifiuta di prendere sul serio la ricostruzione e, soprattutto, le conclusioni del libro: ”Sono plausibili quanto la possibilità che anche Elvis Presley sia ancora vivo”. vero che del re del rock fu trovato il corpo, mentre di quello di Dominick non c’è traccia. Ma è anche vero che per volare via dalle distese ghiacciate lungo le quali si era avventurata, trascinando una canoa con viveri per poco più di due settimane, la donna avrebbe avuto bisogno perlomeno di qualche complice. L’allarme era scattato [...] il giorno dopo la sua partenza dal campo base di Mys Arktitchesky, nell’estremo nord della Siberia. Davanti a sé, Dominick aveva mille chilometri da percorrere con gli sci, fino alla sua storica meta. Dopo un primo contatto con gli organizzatori della spedizione, il telefono satellitare dell’esploratrice era diventato muto e irraggiungibile. Un ultimo segnale era stato captato dalle sue apparecchiature elettroniche, quando Dominick doveva aver percorso non più di 25 chilometri di banchisa. Elicotteri russi avevano sorvolato la zona per giorni, senza trovare alcuna traccia della donna o degli 80 chili di materiale che trasportava con sé. La sua rotta prevedeva l’attraversamento in kayak di 55 chilometri di oceano artico. Col passare delle ore i soccorritori si erano convinti che l’imbarcazione si fosse capovolta e che la fine fosse sopraggiunta in pochi istanti, per il gelo insopportabile. La stessa fine che negli stessi giorni aveva rischiato di fare un altro esploratore francese, Frédéric Chamard-Boudet, lanciato verso lo stesso obiettivo di Dominick, ma per una diversa organizzazione. Il mondo dell’alpinismo e delle grandi avventure si vestì a lutto: Dominick era stata la prima donna a vincere la Parigi-Dakar in mountain bike, nel 1987, piazzandosi davanti a tutti i concorrenti maschili. Nonostante sette dolorosissime operazioni al ginocchio, aveva ripreso l’attività sportiva nel 1999, aveva scalato l’Annapurna e, da 15 anni, si era stabilita in Lapponia, coltivando il suo sogno ufficiale: il Polo nord in solitario. Il libro di Sven Pahajoki ipotizza che, invece, Dominick abbia deciso di inventarsi un futuro diverso, come già aveva fatto con il suo passato. ”Si era messa a studiare il russo un anno prima di partire”, informa Henri Hirvenoja, l’interprete che ha guidato Sven alle radici francesi di Dominick: ”Forse intende rifarsi una vita in Russia”» (Elisabetta Rosaspina, ”Corriere della Sera” 16/10/2004).