Paolo Mauri, "la Repubblica" 13/10/2004, pagina 41., 13 ottobre 2004
Stefano Landi, vero cognome Pirandello, figlio del drammaturgo. Soldato volontario nella Prima guerra mondiale, fu arrestato e carcerato a Mathausen, dove restò per parecchi anni
Stefano Landi, vero cognome Pirandello, figlio del drammaturgo. Soldato volontario nella Prima guerra mondiale, fu arrestato e carcerato a Mathausen, dove restò per parecchi anni. Il padre gli inviava cibo, libri e una volta anche 500 sigarette fatte a mano da lui. Quando il figlio tornò in libertà, lo scrittore iniziò a cercargli lavoro come giornalista: prima si rivolse ad Amendola, il quale lo assume al "Mondo" (che però presto fu chiuso), e poi a Ojetti che però gli confessò d’aver già troppi redattori letterari al "Corriere della Sera". Stefano potè collaborare solo con giornali minori, mentre componeva alcuni lavori teatrali. Nell’autunno del 1920 il padre iniziò "Sei personaggi in carca d’autore" e il figlio era spesso ad ascoltare ciò che quello scriveva. Quando nel 1932 Luigi Pirandello cadde in depressione, Stefano mandò una lettera a Mussolini affinché spingesse il padre a tornare al lavoro: «Da qualche anno perde interessa alla vita; da un giorno all’altro può cedere alla tentazione di finirla in maniera tragica o, peggio, clamorosa. Bisogna costringerlo di nuovo al lavoro. Oggi in Terra può farlo soltanto V.E. manifestandoglielo come un desiderio». Il 10 dicembre 1936 Luigi Pirandello morì, tre giorni dopo fu cremato. Stefano raccontò a Corrado Alvaro: «Avessi visto, un pugno di cenere. Come se fossero passati mille anni». Pensò di scrivere una biografia del padre, ma presto dovette abbandonare l’idea: «Non posso, non posso. Mio padre è tutto fluido in me; se ne scrivo mi si pietrifica e lo perdo».